L’inquinamento è prodotto da quasi tutte le attività umane, ma non credevamo di avercelo persino sotto i piedi. Stiamo parlando delle scarpe, ed in particolare di quelle da ginnastica che, stando ad una recente ricerca effettuata dal MIT sembra che inquinino tantissimo. E non ci riferiamo al modo in cui vengono smaltite, ma al fatto che emettono CO2 durante l’intero ciclo della loro vita utile.
Sotto accusa c’è ad esempio il battistrada delle scarpe da corsa (non quelle professionali ma quelle normali che usiamo tutti noi per correre al parco o giocare a basket, tennis, ecc.), che consumandosi lentamente emettono CO2. L’esempio preso in considerazione in questa ricerca è quello delle Asics gel Kayanos, prodotte in Cina, le quali emettono durante il loro ciclo di vita ben 13 kg di CO2 nell’atmosfera. Come se tenessimo una vecchia lampadina a bulbo incandescente da 100 watt accesa per una settimana, o percorressimo circa 100 km con un’automobile moderna.
Ora fate un calcolo per le miliardi di paia di scarpe da ginnastica vendute in tutto il mondo (se ne stimano circa 25 miliardi) e traetene le conseguenze. Si tratta, dicono i ricercatori, di un’impronta insolitamente alta per un prodotto che non utilizza energia elettrica e non richiede componenti sofisticati. Per questo gli scienziati chiedono ai produttori di scarpe di rivedere il modo di realizzare i propri prodotti.
Il problema è che per la stragrande maggioranza sono prodotti in fabbriche collocate nei Paesi in via di sviluppo dove i metodi di lavorazione sono molto inquinanti. L’economia lì si basa per gran parte ancora sul carbone, e così si calcola che circa il 68% delle emissioni di una scarpa derivi proprio dal processo produttivo. Una fabbricazione complicata visto che i ricercatori, continuando a prendere come punto di riferimento proprio la scarpa dell’Asics, affermano che per produrla ci vogliono circa 360 passaggi, ognuno dei quali emette una certa quantità di CO2. Per questo chiedono almeno ai grandi marchi di rivedere il proprio processo produttivo e magari utilizzare anche dei materiali meno inquinanti.
[Fonte: the Guardian]
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