In questi giorni non si fa altro che parlare del rischio default italiano, e della necessità di trovare 45 miliardi di euro per appianare i debiti. Maggioranza, opposizione e parti sociali si stanno accapigliando per decidere quali sono le fonti da cui attingere, e così non si fa altro che parlare di tasse e tagli ai servizi. Eppure le fonti per trovare denaro sono di fronte a noi, e sono talmente evidenti da non farci nemmeno rendere conto che esistono. Una di queste è la sanità.
Ma non come ha deciso il Governo qualche settimana fa di aumentare il ticket che pesa sulle spalle dei poveri cittadini, o di tagliare i servizi. Si possono racimolare decine di miliardi di euro investendo nella sanità verde. Ma di che si tratta? A fare un po’ di calcoli ci hanno pensato ingegneri, architetti ed economisti americani, che hanno fatto i conti in tasca agli Stati Uniti che attualmente stanno vivendo lo stesso nostro problema. Partendo da quei dati, valutiamo quindi la situazione italiana.
Cominciamo con un calcolo molto semplice: il peso della sanità in Italia è del 9,5% del PIL che, calcolando il prodotto interno lordo in circa 1.200 miliardi di euro (anno 2010), arriva a costare all’incirca 110 miliardi. Se tutte le strutture, sia quelle di nuova costruzione che gli edifici vecchi ristrutturati, seguissero i parametri minimi per gli edifici ecologici (non chiediamo edifici passivi o con impianti rinnovabili, ma semplicemente senza sprechi), il risparmio ammonterebbe a diversi miliardi di euro.
Partiamo sfatando il mito che gli edifici green costino di più di quelli normali. Non costano di più, e se il costo è maggiore è davvero di poco. Ma quello che conta è il risparmio, specialmente in termini energetici. L’energia è la principale voce di spesa per le strutture sanitarie. Un ospedale usa il doppio della quantità di elettricità per metro quadrato degli edifici adibiti ad ufficio. Attraverso la progettazione sostenibile (come impianti di isolamento migliori, macchinari a risparmio energetico, ecc.), la riduzione dell’energia che si calcola va dal 12 al 20% grazie ad un minore utilizzo di elettricità e riscaldamento. Che tradotto, a livello nazionale, sono diverse centinaia di milioni di euro.
L’acqua è un altro settore critico che richiede attenzione. Uno studio effettuato dal 2002 mostra che l’uso dell’acqua per gli ospedali di piccole dimensioni varia dai 265 mila ad oltre un milione di litri per letto all’anno. Attraverso la progettazione sostenibile, la riduzione dello spreco idrico può arrivare anche al 20-30%, ed anche qui, oltre che una questione di soldi, c’è anche un indubbio risparmio di risorse ambientali.
Il governo americano stima che il 75% della spesa sanitaria sia legata alla gestione delle malattie croniche. Un ospedale tipico, anche da noi, non aiuta in questa situazione in quanto si sa che queste strutture sono il posto migliore in cui ammalarsi. Gli spazi interni sono carichi di tossine come piombo, mercurio, cadmio e diossine, senza contare il proliferare di germi e batteri. L’utilizzo di materiali non tossici e maggiore attenzione nella pulizia possono così ridurre la spesa di altre centinaia di milioni di euro.
Ma alla fine dei conti tutto questo quanto fa? Gli autori calcolano che, con tutte queste indicazioni seguite alla lettera senza strafare (quindi nel conteggio non rientrerebbe un eventuale ricorso alle rinnovabili o ad altri progetti di bioedilizia), si potrebbe ridurre la spesa sanitaria nazionale del 15%, il che equivale, da noi, a qualcosa come 16,5 miliardi di euro, un terzo della manovra che toglierebbe immediatamente le mani dalle tasche degli italiani. Soldi che non saranno risparmiati una tantum, ma ogni anno.