Scoppia il caso dell’arsenico nell’acquedotto a Roma, la zona più colpita della capitale, come è noto, quella Nord, dove circa 500 famiglie sono ora in stato di emergenza e dovranno basarsi sull’approvvigionamento tramite serbatoi mobili. E intanto arrivano esposti e denunce per il mancato allarme.
Il sindaco di Roma Marino il 21 febbraio ha firmato un’ordinanza che impone il divieto di uso per scopi alimentari e igienici dell’acqua delle zone della capitale risultate contaminate dall’arsenico. Intanto arrivano gli esposti per mancato allarme e parte l’indagine dei Pm. Il candidato de La Destra per il XV municipio Riccardo Corsetto in un esposto chiede che si faccia chiarezza su eventuali illeciti commessi dal Comune di Roma nella gestione della difficile situazione.
Per il livello di arsenico è scattato l’allarme negli acquedotti di Brandosa, Casaccia – S. Brigida, Santa Maria di Galeria, Monte Oliviero, Malborghetto, Camuccini, Piansaccoccia. Impianti idrici gestiti dall’azienda Arisal.
Come abbiamo visto il sindaco Marino ha effettivamente emesso l’ordinanza, ma stando a Corsetto, sebbene con tale provvedimento il primo cittadino abbia vietato l’utilizzo alimentare e igienico dell’acqua nelle zone a rischio, ciò è avvenuto
senza che nessun organo ufficiale del Comune desse ai media adeguata e proporzionata comunicazione ai cittadini.
A causa di questo, secondo Corsetto,
l’opinione pubblica ha avuto l’allarme in ritardo rispetto all’ordinanza del sindaco e grazie alla stampa e non agli organi istituzionali.
La polemica, come si può facilmente evincere, cresce e si allarga. Intanto tra gli ultimi aggiornamenti relativi all’allarme arsenico nell’acquedotto romano troviamo la volontà di Acea di collaborare alla clorazione dell’acqua, che pertanto potrebbe – si spera – tornare a essere utilizzata nelle zone a rischio già entro una settimana, ma solo ed esclusivamente per scopi igienici e non alimentari.
Vedremo come si evolverà la situazione nell’arco dei prossimi giorni e delle prossime settimane.
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