Il cambiamento climatico e il degrado ambientale sono suscettibili di provocare l’aumento della migrazione dall’Africa sub-sahariana, con effetti potenzialmente devastanti per le centinaia di milioni di persone, soprattutto povere, che lì vivono. A spiegare questo scenario apocalittico è il rapporto pubblicato sull’International Journal of Global Warming.
I cambiamenti ambientali sono particolarmente pronunciati nell’Africa sub-sahariana (ASS), spiegano Ulrike Grote dell’Institute for Environmental Economics and World Trade, presso l’Università Leibniz di Hannover, e Koko Warner della United Nations University Institute of Environmental and Human Change di Bonn, Germania. Oggi, il degrado è un problema serio per 32 Paesi dell’Africa, e oltre trecento milioni di persone che già affrontano la scarsità d’acqua.
Grote e Warner hanno analizzato gli ultimi dati sui fattori ambientali per determinare quali cambiamenti potrebbero far scattare la migrazione dal ASS. Esse indicano le prove da diversi settori della ricerca, scienze ambientali, ricerca sulla migrazione e l’economia dello sviluppo. Si sono concentrate in particolare sugli effetti riguardanti quattro Paesi: Ghana, Mozambico, Niger e Senegal che coprono diverse regioni dell’area analizzata. Questi Paesi sono caratterizzati da risorse molto diverse, da un diverso numero della popolazione, situazioni politiche e influenze ambientali, fornendo in tal modo immagini molto diverse della migrazione.
Nel 2005, 34 dei 50 Paesi meno sviluppati si trovavano in Africa, spiegano i ricercatori, nel 2004, il 41% della popolazione in ASS viveva in estrema povertà. Quasi un terzo della popolazione viveva con cibo insufficiente dal 2001 al 2003, mentre i conflitti violenti tra il 1993 e il 2002 hanno prevalso in 27 Stati su 53. Due terzi dell’Africa è coperto da deserto o terra arida.
In questo contesto, non sorprende che l’Africa conti il 12% della popolazione mondiale, circa il 28% dei rifugiati nel mondo e quasi il 50% degli sfollati del mondo
dicono i ricercatori. Altri hanno suggerito che le persone cominciano a muoversi
ogni volta che il degrado del suolo è collegato con una pressione politica, conflitti armati, tensioni etniche, povertà crescente, deterioramento dei servizi e delle infrastrutture.
Il team spiega che nei quattro Paesi studiati, i cambiamenti ambientali come il degrado del suolo e l’erosione sono particolarmente diffusi nelle aree rurali dove la povertà è pronunciata. In Ghana, lentamente, si verificano questi cambiamenti ambientali, insieme a periodi di grave e frequente siccità, i quali sono stati in parte responsabili delle migrazioni interne dal Nord al Sud. Allo stesso modo, in Mozambico, la siccità ha innescato la migrazione interna dalle aree rurali del Sud ai centri costieri e urbani. In Niger, questi cambiamenti ambientali, connessi con l’espansione del deserto del Sahel, hanno portato non solo migrazione interna, ma anche passaggi di frontiera regionali. Inoltre, in Senegal, le migrazioni interne e internazionali sono state provocate dai cambiamenti ambientali che hanno ridotto le opportunità di lavoro nell’agricoltura, la quale è diminuita con l’aumentare del degrado ambientale.
Mentre un forte legame tra i cambiamenti ambientali e la migrazione è chiaramente visibile, si deve ritenere che questi fattori ambientali siano in gran parte collegati con fattori socio-economici come la povertà e i cambiamenti demografici, come la crescita della popolazione o i conflitti ed i fattori istituzionali, tra gli altri.
Mentre alcune strategie e politiche sono state adottate in questi quattro Paesi per migliorare la situazione ambientale o per ridurre la povertà diffusa, ci sono troppo poche informazioni disponibili per determinare quanto successo si è ottenuto. Quello che è certo è che i cambiamenti climatici qui sono più presenti che altrove, e aggravano una situazione già disperata.
Fonte: [Sciencedaily]