La commissione scientifica delle Nazioni Unite che si occupa di clima è al centro delle polemiche per aver collegato erroneamente il riscaldamento globale ad un aumento del numero e della gravità dei disastri naturali come uragani e inondazioni.
Il legame che è venuto fuori dopo aver rielaborato i documenti appare troppo debole. Gli autori stessi del rapporto successivamente hanno ritirato la richiesta perché credevano che le prove non erano stato abbastanza forti.
Ed Miliband, il ministro britannico dell’energia e del cambiamento climatico, ha suggerito che le inondazioni capitate negli anni scorsi, come quella in Bangladesh nel 2007, potrebbero essere collegate al riscaldamento globale. Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti, ha detto lo scorso autunno:
Più forti tempeste e inondazioni minacciano ogni Continente.
Il mese scorso Gordon Brown, il Primo Ministro inglese, ha detto alla Camera dei Comuni che l’accordo finanziario a Copenaghen
deve affrontare la grande ingiustizia che coloro che sono colpiti prima e più duramente dal cambiamento climatico sono quelli che hanno fatto meno danni.
La critica più recente all’IPCC è quella riferita ai ghiacciai himalayani che si sarebbero potuti sciogliere entro il 2035. Ipotesi poi ritrattata. Ma sono anche altre le teorie rimesse in questi giorni in discussione. Eppure l’IPCC continua a sostenere la sua tesi, ed ha anche dichiarato nel 2008 che:
Abbiamo trovato prove sufficienti per far valere un rapporto statistico tra aumento della temperatura globale e le catastrofi.
Il problema principale è che, quando si tratta di annunci del genere, ottengono la risonanza meritata; quando invece le revisioni smentiscono o ridimensionano la vicenda, vengono spesso ignorate.
Allo studio vi sono così numerosi articoli e documenti che provano un legame tra riscaldamento globale e disastri naturali, riesaminati da diversi esperti in tutto il mondo. Muir-Wood ha scoperto che le catastrofi aumentano ogni anno dell’8% a causa delle condizioni meteorologiche dal 1960. Le cause potrebbero essere spiegate con l’impatto dei cambiamenti sociali come la crescita della popolazione e delle infrastrutture.
Tale aumento, in coincidenza con l’aumento delle temperature, potrebbe suggerire che il riscaldamento globale sia stata la causa. Se dimostrato questo sarebbe molto importante, sia politicamente che scientificamente, perché sarebbe una conferma delle previsioni di molti che il riscaldamento globale aumenterà la frequenza e la gravità dei rischi naturali.
Nella ricerca Muir-Wood, docente dell’Università del Colorado, ha esaminato una vasta gamma di rischi, tra cui i cicloni tropicali, tuoni e tempeste di grandine, incendi, inondazioni e uragani. Ha trovato che nel periodo 1950-2005 non vi era alcun aumento di incidenza di disastri una volta che la crescita è stata contabilizzata. Per il periodo 1970-2005, tuttavia, ha trovato un aumento del 2% annuo, in corrispondenza con un periodo di aumento della temperatura globale.
Muir-Wood ha tenuto tuttavia a precisare che la quasi totalità dell’aumento potrebbe essere rappresentato dalle stagioni eccezionalmente forti di uragani nel 2004 e nel 2005. Tali dati confermano i rapporti dell’IPCC, che ammonisce la presenza di un aumento di questa tendenza negli ultimi anni e per il futuro.
Il mese scorso il ministro Milliband ha detto:
Non dobbiamo lasciare che gli scettici spaccino opinioni politiche come un fatto scientifico. Gli eventi a Cumbria danno un assaggio del tipo di instabilità a cui il cambiamento climatico potrebbe portare. All’estero, lo scioglimento dei ghiacciai dell’Himalaya che alimentano i grandi fiumi dell’Asia meridionale potrebbero mettere centinaia di milioni di persone a rischio siccità. La nostra sicurezza è in gioco.
Muir-Wood si è detto più cauto:
L’idea che le catastrofi siano in aumento a causa, in parte, dei cambiamenti climatici è del tutto fuorviante. Non siamo riusciti a capire se era solo un associazione di causa ed effetto. Inoltre, il nostro studio ha incluso il 2004 e il 2005, periodi in cui ci sono stati alcuni grandi uragani. Se si eliminano questi due anni, l’importanza del cambiamento climatico svanisce.
Alcuni ricercatori hanno sostenuto che è ingiusto attaccare l’IPCC troppo duramente, ricordando che alcuni errori sono inevitabili in una relazione lunga e tecnica. Spiega un ricercatore che parte del problema potrebbe essere semplicemente che le aspettative sono troppo alte.
Il professor Christopher Field, direttore del Dipartimento di Ecologia globale della Carnegie Institution in California, e nuovo co-presidente del gruppo di lavoro dell’IPCC ha concluso
Lo studio del 2007 dovrebbe essere visto come una fotografia di ciò che era conosciuto allora. La scienza progredisce. Se qualcosa si rivela sbagliata la possiamo risolvere la prossima volta.
Ha infine confermato che per il futuro saranno prese tutte le cautele del caso, e gli errori saranno ridotti al minimo. Eliminarli sarà però impossibile.
Fonte: [Times]
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