Siamo abituati, pensando ai danni provocati dal riscaldamento globale, ad alzare gli occhi su in cielo, e anche i numerosi studi che valutano l’impatto ambientale dell’inquinamento si occupano in prevalenza degli effetti negativi sull’atmosfera.
Una recente ricerca, effettuata da un gruppo di studiosi della University of Toronto Scarborough, ci avverte invece che faremmo meglio a guardare anche a terra, più precisamente ai cambiamenti causati dall’innalzamento delle temperature nella composizione organica del suolo.
I risultati dello studio, pubblicati dalla rivista di divulgazione scientifica Nature Geoscience, dimostrano infatti che il riscaldamento globale sta effettivamente modificando la struttura molecolare della materia organica del terreno. Come spiega uno degli autori principali della ricerca, il professor Myrna J. Simpson:
Il suolo contiene più del doppio della quantità di carbonio immagazzinata nell’atmosfera. Ciònonostante, gli scienziati non hanno ancora esaminato questo significativo aumento dei livelli di carbonio in rapporto ai cambiamenti climatici.
Attraverso le nostre ricerche, abbiamo cercato di determinare la composizione molecolare dei vari terreni, osservando come e se le varie componenti cambino in un mondo più caldo in conseguenza dell’effetto serra.
La materia organica del suolo è ciò che rende fertile i terreni, sostenendo la vita vegetale e garantendo all’uomo la possibilità di dedicarsi con successo all’agricoltura.
La componente organica del suolo nel suo processo di decomposizione alimenta le piante con acqua e sostanze nutritive, rilasciando CO2 nell’atmosfera. Le temperature in aumento, secondo gli scienziati, accelerano questo processo naturale, aumentando sconsideratamente la quantità di carbonio che viene trasferita dal suolo in superficie:
Non possiamo permetterci di perdere il carbonio immagazzinato nel suolo perchè questo andrebbe a modificare la fertilità del suolo, facilitando l’erosione e compromettendo gravemente l’agricoltura. Consideriamo, inoltre, tutta l’anidride carbonica immagazzinata nel permafrost artico. Abbiamo bisogno di sapere cosa accadrà quando l’attività dei microbi nel sottosuolo diventerà più attiva a causa delle temperature più calde.