I profondi cambiamenti radicali nell’Artico a causa del riscaldamento globale non si limitano allo scioglimento dei ghiacci marini e alle conseguenze sugli orsi polari. Un nuovo studio constata che le forze del cambiamento climatico si stanno moltiplicando in tutto il freddo Nord, le quali producono effetti diversi in ogni ecosistema con il risultato che il volto della regione artica può essere alterato per sempre. Spiega uno degli autori dello studio Eric Post della Penn State University:
L’Artico come lo conosciamo potrebbe appartenere al passato. Di solito, quando si parla di declino nella regione artica, si mostrano le foto del ghiaccio nel mare e dell’orso polare. Questo studio cerca di muoversi al di là di tale strategia, citando la vasta gamma di carte che quantificano il declino ecologico nell’Artico.
Dice Ken Caldeira della Stanford University
Mentre la Terra, in media, si è riscaldata di circa 0,4 gradi Celsius negli ultimi 150 anni, l’Artico si è riscaldato da due a tre volte tale importo. Questa amplificazione del riscaldamento globale nella regione artica è in parte il risultato di un ciclo di auto-alimentazione: quando il ghiaccio marino si scioglie, gli oceani assorbono più calore dai raggi del sole, diminuendo la formazione del ghiaccio durante l’inverno. Negli ultimi due o tre decenni, la quantità di ghiaccio che copre l’Artico d’estate è scesa di circa 45.000 chilometri quadrati all’anno.
L’innevamento sulla terra è diminuito anche nelle latitudini più settentrionali, e la fusione comincia prima durante la primavera. Questi cambiamenti fisici per l’ambiente hanno un profondo impatto sulla flora e la fauna che abitano nella regione artica. Il ghiaccio si scioglie e le migrazioni delle specie artiche che dipendono dalla stabilità e dalla persistenza della coltre di ghiaccio sentono particolarmente il peso del cambiamento climatico.
La perdita del ghiaccio marino sta provocando un rapido declino nel numero di gabbiani d’avorio, tricheco del Pacifico, foche dagli anelli, foche incappucciate, balene e, naturalmente, gli orsi polari. Gli orsi polari e le foche partoriscono in tane o grotte sotto la neve. Se questi rifugi crollano sotto insolite piogge, i cuccioli appena nati finiscono troppo presto sul ghiaccio, dove muoiono per ipotermia o predazione. Altre specie sono minacciate dalla migrazione verso nord di altre specie invasive, che una volta si spingevano verso latitudini più basse. Basti pensare che uno degli invasori più visibili è la volpe rossa, la quale normalmente si trova anche in Africa e in Asia non ad altissime latitudini.
I suoli che si riscaldano significano maggiore attività microbica, il che rende l’habitat più adatto per gli arbusti. L’aggiunta di arbusti propaga anche modifiche in tutto l’ecosistema e influisce sulla capacità della tundra (o terreno ghiacciato) di stoccare il carbonio. Questo significa più cibo per i buoi muschiati e il pascolo delle renne, che però limitano la capacità di immagazzinare CO2 tramite le piante. E poi c’è un circolo vizioso perché il pascolo fa crescere l’erba, che attrae le oche, le quali modificano l’ecosistema e la mutazione non ha mai fine.
Inoltre estati più calde possono anche portare più insetti e parassiti che depredano le specie presenti da secoli, e che non erano mai venute a contatto con tali agenti. Tutto questo poi finisce con il ridurre il numero di esemplari di alcune specie su cui si basano le economie locali (come i caribù in Groenlandia), finendo con il riverberarsi sulle attività umane. Spiega Post che:
cambiamenti relativamente piccoli in diverse categorie di specie o di abbondanza possono causare cambiamenti fondamentali in un unico ecosistema, che è anche importante per il turismo e le culture tradizionali.
I rapidi cambiamenti nell’Artico forniscono anche un modo per gli scienziati per affrontare un problema di lunga data nella ricerca sul clima, e cioè prevedere che cosa accadrà agli ecosistemi in un mondo più caldo. Mentre alcune previsioni, come ad esempio numeri di orsi polari che resteranno uccisi dalla fusione del ghiaccio marino, sono più prevedibili, altri, come la dinamica di crescita tra arbusti e pascoli, sono più difficili da prevedere.
L’Artico è, purtroppo, un laboratorio in cui sperimentare le nostre previsioni. Per comprendere meglio i cambiamenti che avvengono nella regione artica, e nella Terra nel suo complesso, il gruppo propone una serie di studi in tutta la regione per controllare i cambiamenti climatici e le risposte biologiche nel lungo termine.
Fonte: [Livescience]