Il ripristino delle zone umide è ottimo modo per ristabilire il recupero naturale del carbonio, un metodo di geoingegneria a basso rischio, e raccogliere i benefici dei servizi ecosistemici da esse forniti. Ora i ricercatori dell’Ohio State University hanno dimostrato che dopo 15 anni, non importa se queste zone umide siano state piantate da esseri umani o se siano del tutto naturali: vengono ri-colonizzate da piante e animali, addirittura migliorando la già efficace funzione che la natura le ha dato normalmente.
Dopo il monitoraggio dei progressi ottenuti da due impianti sperimentali di zone umide nel campus, inseriti nel Wilma H. Schiermeier Olentangy River Wetland Research Park, i ricercatori hanno scoperto che
le due zone umide contenevano quasi lo stesso numero di specie vegetali, ed i loro tassi di conservazione dei fosforo nitrati – sostanze nutritive che possono diventare potenziali contaminanti delle acque – sono stati quasi identici. Entrambe le zone umide trattenevano il carbonio nel loro suolo, con questa funzione di deposito di CO2 che aumentava costantemente nel corso degli anni.
I ricercatori hanno predetto che la capacità di entrambe le zone umide di stoccare il carbonio è in grado di aumentare per un periodo di 50 anni. Dopo 15 anni, la zona umida installata ha stoccato 200 grammi di carbonio per metro quadrato; quella naturale riusciva a recuperare 140 grammi, probabilmente perché quella artificiale aveva una produzione di biomassa più elevata.
La spiegazione di questa importante scoperta la fornisce William Mitsch, direttore del parco Wetland Research:
Penso che il valore delle zone umide come assorbitrici di carbonio sia gigantesco, ma è ancora poco apprezzato. Questo studio e altri lavori che abbiamo fatto suggeriscono che le zone umide possono essere strumenti efficaci per ridurre gli effetti delle emissioni di carbonio mentre esercitano le loro funzioni per gli altri ecosistemi, come il miglioramento della qualità dell’acqua e delle inondazioni.
Per maggiori dettagli sull’ecologia comparata delle due zone umide, è possibile consultare il sito Physorg.
Fonte: [Treehugger]
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