Inizia questa mattina il meeting di Rio+20 che, almeno sulla carta, dovrebbe decidere il destino ambientale del mondo. Un accordo è stato trovato nella settimana precedente l’incontro, ma in sostanza è come se non si fosse fatto nulla. Il testo è stato dimezzato per portare a Rio soltanto la parte su cui si è trovato l’accordo, ma si tratta di soltanto 49 pagine di aria fritta, in cui tutti dicono di voler fare qualcosa, ma che in sostanza non costringe nessuno a prendere impegni precisi.
Il polso della situazione lo dà il nostro Ministro dell’Ambiente, che sembra capirci sempre meno di ambiente a dir la verità, che si dice soddisfatto perché nel testo, per la prima volta, è stato inserito il termine “green economy“. Bene, peccato che Clini si sia perso il dibattito dei giorni scorsi in cui si dimostrava come nessuno tra i Paesi che discutevano del tema fosse d’accordo con gli altri su quale significato dare a questa locuzione. Per i Paesi ricchi, con diverse sfumature, la green economy sarebbe un insieme di regole precise di sostenibilità ambientale che accompagnano la crescita economica; per quelli poveri si tratta semplicemente di un principio astratto, un qualcosa a cui mirare senza regole ferree. Insomma un po’ come per gli obiettivi ambientali usciti dopo Copenhagen e Cancun per la Cina e soci: diminuiamo l’inquinamento ma decidiamo noi come e di quanto.
Chi invece ha seguito tutta l’evoluzione della vicenda e sa davvero di cosa parla è la commissaria europea al Clima Connie Hedegaard che, attestandosi in una posizione a metà tra le associazioni che parlano di disastroso fallimento e la politica italiana che parla di successo, definisce il testo di Rio+20 debole e deludente, tanto che
nessuno nella stanza in cui è stato approvato il testo era felice.
Insomma, è evidente che è stato approvato qualcosa proprio per non tornare a casa a mani vuote. Ma dopotutto cosa potevamo aspettarci da un vertice che vedeva assenti ingiustificati i principali leader mondiali (da Obama alla Merkel, da Cameron a Monti), ed i cui pochi capi di Stato presenti erano quelli dei Paesi piccoli ed insignificanti, o i dittatori come Raul Castro o Ahmadinejad?
Ma cosa dice il testo? Anche se il meeting è appena iniziato, possiamo già dire che sia quello definitivo perché dopo una settimana di colloqui massacranti, crediamo difficile che in questi tre giorni qualcosa possa cambiare. In sostanza il testo afferma l’importanza della lotta al riscaldamento globale ed un principio non ben definito di crescita sostenibile per i Paesi in via di sviluppo. Non dà cifre, non dà obiettivi, ma semplicemente dice quello che hanno detto tutti i precedenti incontri: rimandiamo ai prossimi vertici. A questo punto viene da chiedersi se è servito a qualcosa spendere così tanti milioni, ed inquinare così tanto, per far incontrare centinaia di delegati per firmare un foglio bianco.
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