Il settore delle energie rinnovabili potrebbe assumere nuove direzioni in Europa ed attribuire ai cittadini un crescente ruolo produttivo. Ne parla diffusamente una nuova ricerca.
Nel rapporto con l’energia la maggior parte dei cittadini europei è ancora legato al classico profilo del consumatore. Un ruolo che spesso significa non porsi grandi quesiti sulle modalità con cui è prodotta l’energia che consumiamo e limitarsi al pagamento delle immancabili bollette. L’avvento delle energie rinnovabili e dei sistemi di produzione distribuiti ha però già modificato in parte questo scenario trasformando anche i singoli in potenziali produttori. Un qualcosa che abbiamo già chiaramente visto con la diffusione dei pannelli solari per uso domestico in cui le singole unità abitative diventano in grado di produrre in tutto o in parte l’energia che consumano. Questo nuovo contesto che vede i cittadini più direttamente coinvolti nei processi di produzione dell’energia sembra destinato ad una crescita notevole nei prossimi 35 anni fino ad arrivare a garantire una parte consistente dell’intero fabbisogno europeo.
Rinnovabili ed energy citizens
Su questo complesso tema è stato pubblicato un nuovo rapporto intitolato “The potential of energy citizens in the European Union” e realizzato dalla società di ricerche CE Delft. Lo studio è stato commissionato da Greenpeace, Friends of the Earth Europe, European Renewable Energy Federation (EREF) e REScoop.
Le previsioni del documento si basano su alcune assunzioni che definiscono lo scenario in cui vanno inquadrati i dati elaborati. Senza entrare eccessivamente negli aspetti tecnici della questione, una prima ipotesi sul campo è che da qui al 2050 l’Europa abbia sostanzialmente completato la sua migrazione verso le energie rinnovabili. Allo stesso tempo si ipotizza un forte sviluppo della mobilità elettrica ed un quadro normativo favorevole alla produzione diffusa di energia.
Si tratta quindi di un contesto che asseconda bene quelle che sembrano essere le tendenze attuali. Qui su Ecologiae ad esempio abbiamo recentemente parlato di uno studio Bloomberg New Energy Finance che prevede che nel 2040 il 70% dell’energia prodotto in Europa arrivi dalle fonti rinnovabili. Abbiamo anche analizzato la rapida diffusione dell’auto elettrica e più in generale la rapida crescita delle rinnovabili su scala globale.
Il rapporto, illustrato nei suoi punti chiave da Greenpeace, introduce anche la definizione di energy citizens intendendo con questa formula gli individui, le famiglie, gli enti pubblici e le piccole e medie imprese (fino a 50 dipendenti) direttamente coinvolti nella produzione o nella gestione dell’energia. Vengono in particolare prese in considerazione sia i contribuiti singoli sia quelli coordinati in maniera collettiva.
Un cittadino su due produrrà energia
Vediamo dunque ai risultati. Secondo lo studio il numero potenziale degli energy citizens è destinato a decuplicarsi già nel 2030 ed aumentare ancora a più del doppio entro il 2050. Nel 2015 il numero dei cittadini coinvolti direttamente nella produzione di energia nell’Unione Europea a 28 è stato stimato in circa 12 milioni. Nel 2030 questa cifra potrebbe lievitare fino a 112 milioni. Nella prospettiva del 2050 infine si potrebbe arrivare a 264 milioni, equivalente a circa la metà della popolazione UE.
Con la stessa marcata progressione aumenterà il peso dell’energia auto-prodotta dai cittadini sul bilancio energetico dell’Unione Europa. Già nel 2030 questo canale di produzione potrebbe superare i 610 TWh arrivando a coprire il 19% della domanda di elettricità nell’Unione. Venti anno dopo, nel 2050, la produzione ‘domestica’ di energia potrebbe superare i 1550 TWh arrivando a coprire circa il 45% del fabbisogno.
Questo 45% di produzione legato alle attività degli energy citizens nel 2050 sarà somma di contributi differenti. Il 18% arriverà dall’impegno delle piccole e medie imprese mentre un altro 16% arriverà da sistemi collettivi. La produzione domestica in senso stretto coprirà il 10% circa del fabbisogno mentre il contributo degli enti pubblici sarà limitato a circa l’1%.
In questo scenario il contributo dei cittadini diventerebbe un pilastro fondamentale della politica energetica europea e favorirebbe la completa migrazione verso le energie rinnovabili da qui al 2050.
Gli sviluppi in Italia
La dinamica italiana non sarà molto diversa da quella dell’Unione. Secondo Greenpeace nel 2050 il 40% degli italiani sarà coinvolto direttamente nel processo di produzione dell’energia. Questo modello produttivo potrebbe quindi arrivare a coprire fino al 34% del fabbisogno nazionale.
Dagli impianto domestici arriverà più di un terzo dell’energia auto-prodotta ed una aliquota simile arriverà dalle cooperative. Un quarto circa della produzione arriverà invece dalle piccole e medie imprese italiane.
Il potenziale dell’Italia, spiega l’associazione ambientalista, è notevole anche se non trova sempre riscontro in una chiara volontà politica. Anzi alcuni provvedimenti sembrano andare in direzione opposta. Un adeguato quadro normativo -a partire dalla prossima direttiva comunitaria sulle energie rinnovabili– è fondamentale per sostenere lo sviluppo delle energie pulite e favorire l’auto produzione. In questo leggi per l’autoproduzione e l’autoconsumo più snelle potrebbero fare da catalizzatore per l’intero settore.
Energie alternative ed accumulo
Due elementi favoriranno nei prossimi anni lo sviluppo di sistemi di accumulo dell’energia per uso domestico. Da un lato la diffusione del solare fotovoltaico e dall’altro la crescita del parco veicoli elettrici.
I cittadino quindi non saranno solo produttori di energia ma potranno essere coinvolti anche nell’accumulo e nella restituzione. È il modello delle smart grid, reti intelligenti chiamate a rinnovare la gestione dei flussi energetici.
Lo studio di CE Delft stima che nel 2030 i cittadini potrebbero gestire quasi 1500 GWh di accumulo di energia, una cifra destinata a crescere fino a superare i 10 mila GWh nel 2050.
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