L’IPCC ha recentemente pubblicato un nuovo studio sulle fonti energetiche rinnovabili piuttosto incoraggiante, nel tentativo di dare numeri più precisi sul futuro dell’energia mondiale, specialmente nell’ottica della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. La relazione si è incentrata su ciò che è tecnicamente ed economicamente fattibile, cioè sugli investimenti reali, che si possono fare con certezza, e non su strampalate invenzioni futuristiche o salti nel buio da centinaia di milioni di euro. Vediamo cosa ne è emerso.
Tra le conclusioni più significative del rapporto c’è la netta possibilità che potremmo soddisfare il 43% della domanda mondiale di energia con le sole fonti rinnovabili entro il 2030, fino a raggiungere il 77% entro il 2050. Per avere un’idea, le energie rinnovabili soddisfacevano il 13% del fabbisogno nel 2008, dunque un incremento del 30% in 22 anni non sembra così campato in aria. Anche perché la tecnologia su cui si fanno i calcoli è quella presente oggi. Al ritmo attuale di evoluzione della scienza, probabilmente tali soglie potrebbero essere raggiunte molto prima.
Inoltre non vanno dimenticati alcuni studi, come ad esempio quello di Ecofys, che affermano quanto sia probabile che si possa soddisfare il 100% del fabbisogno energetico mondiale con fonti rinnovabili entro il 2050, confermato dal famoso studio di Jacobsen e Delucchi, i quali hanno preso come punti di riferimento soltanto il vento, l’acqua ed il sole. Rispetto a questi piani, un obiettivo del 77% sembra persino pessimista, ma serve più che altro a stroncare sul nascere le obiezioni degli scettici.
Secondo il panel di scienziati che ha redatto lo studio, le energie rinnovabili si stanno già sviluppando rapidamente. Dei 300 gigawatt (GW) di nuove centrali che generano elettricità aggiunte globalmente dal 2008 al 2009, quasi la metà (140 GW) proveniva da fonti rinnovabili. Nell’Unione Europea, la quota di rinnovabili è aumentata, in questo lasso di tempo, del 62%. Il rapporto ha poi rilevato che la disponibilità globale e la possibilità di ottenere l’energia rinnovabile aumenteranno anche in futuro, dato che ai Paesi che oggi ne possono disporre, se ne aggiungeranno altri a ritmi sempre più elevati. Basti pensare ai tassi di sviluppo di Brasile o India.
Secondo l’IPCC, stabilizzare i livelli di CO2 a 440 ppm (all’incirca sulla “soglia di pericolo” dei 2 gradi di riscaldamento) costerebbe circa 5.100 miliardi dollari (5 volte l’investimento attuale) nel periodo 2011-2020 e 7.200 miliardi di dollari dal 2021 al 2030, a livello globale. Sembra tanto? Eppure non lo è, visto che si tratta di meno dell’1% del PIL mondiale. Soldi che comunque dovranno essere investiti in fonti energetiche che, in alternativa, non rimangono che carbone e altre fonti inquinanti.
[Fonte: Treehugger]