Torniamo a parlare ancora dell’importante riforma della pesca in UE: la riforma è passata, ma con grande rammarico da parte degli ambientalisti, il progetto iniziale incentrato in maniera estremamente decisa sulla sostenibilità e il recupero delle risorse ittiche, è stato in buona parte disatteso.
Quando abbiamo cominciato a raccontarvi le proposte elaborate in sede europea per la riforma della pesca dell’Unione, non ci siamo sbilanciati troppo poiché, nella sua formulazione originale, questa riforma doveva essere qualcosa di rivoluzionario. Puntato l’indice contro le disastrose politiche di pesca non conservative che hanno impoverito i nostri mari anno dopo anno, era stata annunciata un’autentica svolta. Sembrava quasi troppo bello per essere vero.
Oggi l’iter si è concluso e la riforma europea della pesca è stata approvata. Vi sono sicuramente delle migliorie in ottica di sostenibilità, ma l’amaro in bocca è grande. Molto positiva l’introduzione (finalmente) della soglia di tolleranza solo al 5% per i rigetti del pescato, ovvero per le prede accessorie: tutte quelle forme di vita marina che pescate alla buona vengono ributtate in acqua ormai morte.
La riforma europea fissa anche delle quantità massime per il pescabile a seconda delle specie, in modo da salvaguardare gli stock ittici. Tra le novità potenzialmente positive troviamo anche la possibilità di gestioni speciali regionali, per una protezione specifica di aree particolari a cura dei responsabili locali. Cosa c’è quindi che non va in questa riforma della pesca?
L’enorme problema sta negli obiettivi prefissati per il recupero degli stock ittici: si era tanto parlato di questo recupero (che significa un ripopolamento dei mari e una pesca davvero sostenibile) da effettuarsi entro il 2020 massimo, e ora ci ritroviamo con un testo senza obiettivi. Di conseguenza, ci ritroviamo senza quel “faro guida” ispiratore di tutta la riforma che era rappresentato dall’obiettivo concreto e fondamentale di ripopolare i nostri mari entro il 2020. E non finisce qui, altra pessima notizia riguarda il consenso alla commercializzazione del novellame, quando si sa che questo genere di commercio dei pesci sotto taglia è estremamente dannoso per il Mediterraneo.
Si chiede ai paesi europei, con questa riforma, di sviluppare specifici piani di gestione ma non c’è concertazione, non ci sono calendari né scadenze. Inutile dirlo, gli ambientalisti si dichiarano delusi. Il WWF Italia in particolare giudica l’accordo inefficace, la riforma incapace di garantire il recupero degli stock ittici e lo stop della pesca eccessiva. Da Greenpeace arrivano parole solo parzialmente positive: è un passo verso la sostenibilità. Ma è solo un passo, e dato lo stato dei nostri mari avremmo avuto bisogno di un grande balzo in avanti.
Photo Credits | Takashi (aes256) su Flickr
Christen 1 Marzo 2017 il 1:28 am
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