Greenpeace in occasione delle feste natalizie e della corsa agli acquisti di regali hi-tech ha dato vita ad un’inchiesta per capire come negozi e negozianti mettono in atto il decreto D.M. n. 65 del 2010, entrato in vigore lo scorso giugno per lo smaltimento dei rifiuti elettronici.
Ebbene, il 51% dei rivenditori di apparecchi hi-tech non adempie all’obbligo di smaltire gratuitamente i prodotti tecnologici usati a fronte di un nuovo acquisto. I volontari di Greenpeace hanno monitorato 107 negozi in 31 città italiane delle principali catene di distribuzione: Euronics, Mediaworld, Trony, Unieuro, Eldo che rappresentano il 70% della quota mercato nel nostro Paese. Eldo è la catena di distibuzione che più rispetta l’ambiente, con il 60% dei negozi che ritirano gratuitamente l’usato; seguito da Mediaworld (il 50% dei negozi ritira gratis l’usato), Trony (48% dei negozi) e Unieuro (47%). Euronics si posiziona all’ultimo posto della classifica, con solo il 45% dei punti vendita che rispetta la legge vigente.
Nel 27% dei negozi il ritiro dell’usato non viene effettuato gratuitamente, difatti il costo dell’acquisto di un nuovo prodotto è maggiorato per la consegna a casa, spesso i commessi non lo dicono chiaramente e danno informazioni generiche a riguardo. Pagando il ritiro dell’usato il cliente paga due volte i costi di smaltimento del prodotto hi-tech perché essi sono già compresi nel prezzo dell’acquisto con l’eco-contributo RAEE.
La situazione non cambia tra Nord e Sud del Paese. Nel 14% dei punti di distribuzione di apparecchi hi-tech il ritiro avviene e gratis solo se il prodotto da smaltire è portato in negozio; mentre nel 12% dei casi l’usato non viene ritirato, ma si consiglia di contattare i centri di raccolta locali o direttamente l’azienda. I centri di raccolta tuttavia, come già ha evidenziato Greenpeace in passato, sono insufficienti e mal gestiti dalle amministrazioni comunali. Con un anno di ritardo nell’applicare la legge, l’Italia raggiunge i 4 kg di rifiuti hi-tech a persona raccolti nel 2010. Di seguito il video dell’inchiesta di Greenpeace.
[Fonte: Greenpeace]
[Foto: timestars]
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