Allo stato attuale la riduzione delle emissioni prevista dall’UE per il 2020 si attesta al 20% rispetto ai livelli del 1990. Questa soglia è stata decisa l’anno scorso, dopo mesi di dibattiti, come compromesso tra chi chiedeva sforzi maggiori (Francia e Regno Unito in testa), e chi invece tirava la cinghia (Italia e alcuni Paesi dell’Est). A distanza di poco più di un anno però, qualcosa è cambiato e la macchina dell’ambientalismo si è rimessa in moto nei palazzi istituzionali. Per questo a breve il Parlamento Europeo verrà chiamato a pronunciarsi sulla proposta di portare al 30% la riduzione delle emissioni al 2020.
Non appena si è sparsa la notizia della richiesta britannica del voto che, secondo i piani, si sarebbe dovuto tenere giovedì prossimo, 30 giugno, è subito scattato l’ostruzionismo che, per ora, è riuscito soltanto a rimandare la votazione di qualche giorno, al 4 luglio. La scusa dei deputati è di non avere abbastanza tempo per discutere della questione vista la fitta agenda di impegni, ma è chiaro che questa proposta non piace a molti.
Non ci facciamo illusioni però, in quanto persino alcuni rappresentanti del Paese promotore, la Gran Bretagna, hanno già dichiarato di voler votare contro la proposta. E considerando che sono tanti i Paesi a basare la propria economia ancora sul carbone, facciamo fatica a credere che la proposta venga accolta. Già il fatto che se ne discuta, dopo le aspre battaglie dei mesi scorsi, è una buona cosa, tanto che si vocifera già di un compromesso sul compromesso, e cioè, se venisse bocciato il taglio al 30%, proporre un nuovo limite al 25%.
Ruth Davis, rappresentante di Greenpeace in Gran Bretagna, ha dichiarato:
Questo voto è stato rinviato dopo che il Primo Ministro è intervenuto personalmente in modo che coloro che si oppongono ad un target più alto non possano più contare sul sostegno del suo partito. I politici che supportano le industrie sporche hanno capito che ci andrebbero a perdere con la svolta verde verso cui si muove l’Europa, e non hanno avuto altra scelta che puntare sul rinvio. Questo segna una punto per coloro che appoggiano il passaggio ad un’economia più forte e più pulita, ma significa anche che la pressione dovrà essere sostenuta fino alla nuova votazione nel mese di luglio.
Insomma, Greenpeace ci crede, e speriamo abbia ragione.
[Fonte: The Guardian]