Migliora la qualità della vita in alcune città italiane con più verde, più parchi e giardini, una migliore gestione dei rifiuti e del trasporto pubblico, con piani di intervento per rispondere ai cambiamenti climatici. Questi i passi green fatti dai 51 comuni capoluogo monitorati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) nell’annuale rapporto “Qualità dell’ambiente urbano”. Ma ci sono anche maglie nere per l’Italia con oltre il 3% del territorio nazionale contaminato e in attesa di bonifica; mentre il consumo di suolo dovuto a discariche, cave e cantieri edili, rende il terreno inutilizzabile per l’agricoltura e per le aree naturali.
Le aree verdi del nostro Paese non sono diminuite dal 2000 al 2010, ma neppure cresciute: in 30 città su 51 l’aumento di suolo pubblico non raggiunge il punto percentuale, e in 8 capoluoghi del Centro Sud non vi è stato un minimo incremento. E’ aumentato invece il numero di sprofondamenti nei centri urbani. A Roma nel 2012 si sono registrati 59 sprofondamenti, quando nel 2011 in tutta Italia ne erano stati segnalati 39. I motivi dell’apertura di queste voragini nelle strade o sotto gli edifici sono dovute in parte a caratteristiche naturali del sottosuolo, come le cavità carsiche, ma derivano principalmente dalle cattive condizioni della rete fognaria e dalla mancanza di un sistema efficiente di drenaggio delle acque.
Altra maglia nera del nostro Paese sono i 57 Siti di interesse nazionale (Sin) contaminati e inquinati dall’uomo. Il territorio occupato è oltre il 3% con maggior concentrazione a Napoli, in cui ci sono 6 Sin, e a Milano con 5 Sin in attesa di bonifica. Per l’esattezza dolo 9 Siti di interesse nazionale risultano avere più del 50% di progetti per la bonifica approvati. Un altro problema irrisolto dell’Italia è il consumo di suolo, sottratto all’agricoltura e alle aree naturali, problema che dovrebbe essere arginato con un disegno di legge varato a settembre dal Consiglio dei ministri. In 43 aree urbane il consumo di suolo è dovuto ad usi artificiali, come cave, discariche e cantieri attivi dal 1949; per una percentuale molto bassa, ma in crescita, vi è l’impermeabilizzazione del suolo che lo rende inutilizzabile.
[Fonte e foto: Ispra]