Quando in Italia un cane viene scovato dall’accalappiacani va a finire in qualche canile dove di certo non starà come in un hotel a cinque stelle, ma almeno può vivere per qualche anno nella speranza di essere adottato. In America, nella civilissima America, non è così. Se un trovatello finisce tra le grinfie della burocrazia a stelle e strisce, gli rimangono 15 giorni di vita. Se entro questo lasso di tempo non viene adottato o reclamato dal legittimo proprietario, viene condannato a morte.
Il movimento animalista, di solito molto forte negli USA, non si è mai ribellato a questo massacro, limitandosi a creare delle oasi in cui ospitare i cani, e così l’unica forma di protesta che si è registrata deriva da Jim Moran, un deputato democratico della Virginia, che non ha chiesto al Congresso di abolire questo massacro, ma soltanto di renderlo più “umano”.
Secondo la legge americana infatti, i metodi di uccisione dei randagi assomigliano molto a quelli dei lager nazisti: tutti in uno stanzone dove, tra urla di paura e di dolore, vengono ammazzati dal monossido di carbonio che ricorda molto le camere a gas. Sicuramente si tratta di un metodo barbarico che non si addice ad una nazione che si erge sempre ad esempio di civiltà per il mondo, tanto da far pensare che le esecuzioni che avvenivano per la strada in Ucraina lo scorso anno fossero meno terribili. Per questo il deputato Moran ha chiesto di utilizzare un metodo più simile a quello messo in pratica per la pena di morte umana.
I cani randagi verrebbero addormentati con un sonnifero e poi gli verrebbe praticata una iniezione letale che “spegne” gli organi vitali senza che l’animale se ne possa accorgere. Dal punto di vista umano è un passo in avanti, almeno il cane non si spaventa e non soffre, ma siamo sicuri che si tratti davvero di una scelta civile?
[Fonte: Corriere della Sera]
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