Una buona ed una cattiva notizia arrivano dall’ultimo rapporto sullo “stato di salute” dell’acqua pubblicato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente. Secondo i dati che fanno riferimento all’anno 2010, la cattiva notizia è che l’acqua di fiumi, laghi e mari italiani è peggiorata rispetto agli anni precedenti. La buona invece è che, a parte qualche eccezione, rimaniamo ancora uno dei posti con la qualità più alta d’Europa.
Sono state controllate ben 21 mila zone di balneazione in tutto il Continente, valutando la presenza di batteri come enterococchi, Escherichia coli, ed in generale la qualità delle acque che hanno ottenuto l’accesso alla balneazione, ed è stato calcolato che circa il 90% hanno raggiunto almeno lo standard minimo. Un buon segno dunque, visto che, nella maggior parte dei casi, quando in un’area è consentita la balneazione, ci si può fidare delle autorità.
Stilando una sorta di classifica dei Paesi con la qualità migliore delle acque però, noi non rientramo al vertice, anche se, dato l’alto tasso industriale della nazione, è un risultato quasi scontato. Infatti ai vertici troviamo quei Paesi che basano quasi tutta la loro economia sul turismo: Cipro, Malta, Grecia e Croazia, mentre nel confronto con gli altri Paesi industrializzati europei come Francia, Germania, Regno Unito o Spagna, raggiungiamo punteggi molto simili. Considerando invece anche le acque interne, Polonia, Olanda e Belgio sono quelle da cui tenersi alla larga.
Ma com’è la situazione all’interno del nostro Paese? Legambiente conferma il peggioramento complessivo delle acque italiane con 169 punti critici, mentre secondo la cartina redatta dall’Agenzia Europea, diventa evidente come, se per gran parte la qualità è alta (tra livelli minimi consentiti per legge e alta qualità), ci sono alcune zone in cui la situazione è davvero critica, come la costa abruzzese, alcuni punti della costa reggina e casi isolati in Puglia, Liguria, Campania e Sardegna. Ma se i punti critici sono pochi, molti di più sono quelli che rischiano di diventarlo, cioè aree che non raggiungono la sufficienza nei livelli qualitativi, senza essere ad un livello disastroso. Purtroppo queste riguardano gran parte delle coste pugliesi, alcune zone della Calabria e della Sicilia, ma soprattutto molti laghi e fiumi interni, in particolare in Lombardia. Una situazione complessiva per cui non si può dormire sonni tranquilli, ma che, nonostante non sia tragica, è un segnale d’allarme da non sottovalutare.
[Fonte: Agenzia Europea per l’Ambiente]
Cooper 1 Marzo 2017 il 1:39 am
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