Protocollo di Kyoto
Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale legato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. La caratteristica principale del protocollo di Kyoto è che fissa obiettivi vincolanti per i 37 Paesi industrializzati più la comunità europea per la riduzione dei gas serra. Tale riduzione ammonta ad una media del 5% (che varia come vedremo più avanti) rispetto ai livelli del 1990 da raggiungere nel periodo di cinque anni 2008-2012.
La distinzione principale tra il protocollo e la convenzione è che, mentre la seconda incoraggiava i Paesi industrializzati a stabilizzare le proprie emissioni di gas serra, il protocollo impegna, chi lo ratifica, a farlo. Riconoscendo che i Paesi industrializzati sono i principali responsabili degli attuali livelli di emissioni di gas serra nell’atmosfera a seguito di più di 150 anni di attività industriale, il protocollo pone un onere maggiore per le nazioni sviluppate in base al principio delle “responsabilità comuni ma differenziate”.
Il protocollo di Kyoto è stato adottato nella città di Kyoto, in Giappone, l’11 dicembre 1997 ed è entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Le modalità per l’attuazione del protocollo sono state adottate nel COP 7 di Marrakesh nel 2001, e sono denominate “accordi di Marrakesh”.
I meccanismi di Kyoto: ai sensi del trattato, i Paesi devono soddisfare i loro obiettivi in primo luogo attraverso misure nazionali. Tuttavia, il protocollo di Kyoto offre loro un ulteriore strumento per conseguire gli obiettivi previsti attraverso tre meccanismi basati sul mercato.
- Emissions trading – noto come “mercato del carbonio” (scambio delle quote di permessi all’inquinamento);
- Meccanismo di sviluppo pulito (stimolo all’industria delle energie rinnovabili);
- Joint Implementation (o applicazione congiunta, cioè aiuto ai Paesi poveri nella riduzione delle emissioni).
I meccanismi servono per contribuire a stimolare gli investimenti verdi e ad aiutare le parti a raggiungere i loro obiettivi in modo economicamente efficace. Per monitorare il grado di inquinamento, le emissioni di ogni nazione devono essere registrate in via ufficiale. Tutti i rapporti sono depositati presso il Segretariato dell’ONU sul cambiamento climatico, con sede a Bonn, in Germania, che tiene un registro delle transazioni internazionali per verificare che le operazioni siano coerenti con le regole del protocollo.
La segnalazione è fatta dalle parti con la presentazione del rapporto sulle emissioni annuali e sulle relazioni nazionali nel quadro del protocollo. Un sistema di conformità garantisce che le parti stiano adempiendo agli impegni e le aiuta a rispettarli in caso di difficoltà.
Il Protocollo di Kyoto, come la Convenzione, è progettato anche per aiutare i Paesi ad adattarsi agli effetti avversi del cambiamento climatico. Agevola lo sviluppo e la diffusione di tecniche che possono aiutare ad ammortizzare gli impatti dei mutamenti tramite l’istituzione di un Fondo di adattamento per finanziare i progetti ed i programmi nei Paesi in via di sviluppo che hanno aderito al Protocollo ma che non hanno i mezzi per rispettarlo.
Il Protocollo di Kyoto è generalmente visto come un primo passo importante verso un regime globale di riduzione delle emissioni per stabilizzare le emissioni di gas serra e fornire l’architettura essenziale per ogni futuro accordo internazionale sui cambiamenti climatici. Entro la fine del primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto nel 2012, un nuovo quadro internazionale deve essere negoziato e ratificato per fornire una fotografia dello stato delle riduzioni delle emissioni al Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC).
L’obiettivo principale è di ridurre le emissioni dei sei principali gas serra, in particolare:
- biossido di carbonio (CO2);
- metano (CH4);
- protossido di azoto (N2O);
- idrofluorocarburi (HFC);
- perfluorocarburi (PFC);
- esafluoruro di zolfo (SF6).
L’importo massimo di emissioni (misurato come l’equivalente in anidride carbonica) che una nazione può emettere nel corso del periodo d’impegno, al fine di ottemperare agli obblighi di riduzione, è conosciuto come “importo assegnato alla Parte”. Attualmente sono 187 gli Stati che hanno ratificato il protocollo, il quale non è obbligatorio, e fra questi non c’è uno dei maggiori emettitori di gas serra al mondo. Gli Stati Uniti hanno affermato di non avere alcuna intenzione, nemmeno in futuro, di ratificarlo. L’Italia ha deciso di firmare l’accordo nel 1998, l’ha ratificato il 31 maggio 2002, ed ha come quota assegnata di riduzione l’8%.
Non tutte le nazioni hanno la stessa quota. L’Europa Occidentale, chiamata anche UE-15, ha la stessa percentuale italiana, ma alcuni Paesi dell’Est Europa hanno una quota leggermente inferiore, 6-7%, altri con tassi di inquinamento di partenza molto bassi possono non dover ridurre affatto le proprie emissioni (ad esempio la Russia), mentre rarissime eccezioni come la Norvegia, l’Australia e l’Islanda hanno ottenuto la concessione ad aumentare il proprio tasso di inquinamento dall’1 al 10% in più rispetto a quanto non facessero nel 1990. Gli Stati Uniti avrebbero una quota di riduzione del 7%, ma nonostante nel 1998 firmarono l’accordo, poi non lo applicarono mai.
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