Ieri vi avevamo riportato le scuse con le quali si giustificava l’uscita del Canada dal protocollo di Kyoto. Tutte motivazioni che, come abbiamo visto, non stanno in piedi. Ma il gesto comunque è ben peggiore di qualsiasi invenzione, ed infatti ha fatto infuriare gli osservatori internazionali, ma anche i canadesi stessi che hanno rinnegato il proprio Governo. La parola per definire il Ministro dell’Ambiente Kent che maggiormente circolava ieri tra la popolazione del grande Stato nordamericano era “vergognoso”, il che fa capire che aria tira.
Per riassumere in poche righe la vicenda, basta ricordare che il Canada, che secondo il protocollo di Kyoto avrebbe dovuto ridurre del 6% le sue emissioni entro il 2012, le ha invece aumentate di oltre il 30%. Di fronte ad un fantomatico rischio di dover pagare una multa che non c’è, il Ministro dell’Ambiente ha deciso di far uscire il suo Paese dal trattato. Purtroppo il risparmio di denaro pubblico, per quanto positivo sia, non è la vera motivazione per cui il Canada è uscito dall’accordo, dato che non c’era alcuna multa da pagare. La realtà è che ora può avere mani libere sullo sfruttamento delle sabbie bituminose e del petrolio che si trova vicino all’Artico, in modo da guadagnare miliardi di dollari a scapito dell’ambiente.
Christiana Figueres, capo delle Nazioni Unite sul clima, ha annunciato pubblicamente:
Mi dispiace del ritiro del Canada e sono sorpresa sui tempi. Il Canada ha l’obbligo morale per se stesso e per le generazioni future di partecipare alla battaglia globale.
Persino la Cina, il Paese più inquinante al mondo, ha definito la scelta canadese “assurda” ed una “sottrazione dalla responsabilità”. Critiche sono piovute un po’ da ogni lato (anche l’amico Giappone lo ha sconfessato), e vi risparmiamo quelle furiose delle associazioni ambientaliste. Tutto ciò però ha portato il Governo canadese ad uscire ed ammettere la verità, annunciata per bocca Warren Mabee, direttore dell’Istituto per la politica energetica ed ambientale dell’Ontario:
La nostra economia sta diventando sempre più dipendente dalla ricchezza dalle sabbie bituminose e altri prodotti energetici. Alla fine, o finiremo i combustibili fossili o il mondo deciderà che non li vuole più. Quest’ultima opzione è molto più probabile.
Intanto però, finché una delle due opzioni non si realizza, il Paese continuerà a sfruttare queste fonti inquinanti, e chi se ne importa delle emissioni che producono.
[Fonte: The Guardian]
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