Legambiente ha presentato in questi giorni il Dossier Cave facendo il punto nello specifico sulla difficile ed intricata situazione in cui versa, su questo fronte, la regione Abruzzo, territorio martoriato dagli scavi senza alcun ritegno e regolamentazione che si basi su principi più sostenibili per l’ambiente e lo sfruttamento delle risorse. In particolare a preoccupare è il caso del Comune di Mozzagrogna che fa riflettere sulla necessità di procedere al più presto con un piano cave serio e ben ponderato in tutti i suoi aspetti per evitare che prosegua quello che a tutti gli effetti l’associazione definisce un vero e proprio Far West delle cave.
La Val di Sangro è un’area strategica per l’Abruzzo, ricordano gli ambientalisti, pertanto è indispensabile obbedire a delle regole precise ed innovare in modo sostenibile sul fronte cave. Si tratta dell’unica area industriale di un certo rilievo nell’Italia centrale e bisogna pensare a coniugare riconversione ecologica ed economia, non solo per un corretto sfruttamento delle risorse ma anche per garantire a chi lavora in quelle aree un certo livello di sicurezza ed un ambiente di lavoro pulito.
Ce ne parla Luzio Nelli dalla segreteria regionale di Legambiente Abruzzo, sottolineando che la regione ha un bisogno assoluto di un piano cave che stabilisca non solo in maniera chiare le regole ma anche le modalità di controllo e le conseguenti sanzioni in caso di infrazioni:
L’assenza del Piano Cave è grave perché, in pratica, si lascia in mano a chi concede l’autorizzazione tutto il potere su dove, come e quanto cavare. Per uscire da questa situazione, accanto a nuove regole occorre puntare sull’innovazione perché l’attività estrattiva può diventare, come negli altri Paesi europei, un settore di punta della green economy, che può fare a meno di cave puntando sul recupero degli inerti provenienti dall’edilizia. In pochi anni è possibile raggiungere risultati rilevantissimi attraverso l’obbligo di utilizzare materiali provenienti dal riciclo degli inerti edili da utilizzare al posto di quelli provenienti da cava per infrastrutture e costruzioni, visto che oggi hanno prestazioni assolutamente identiche.
Già, il recupero degli inerti edili. Volete sapere quanto siamo indietro rispetto agli altri Paesi europei? Tantissimo, solo il 10% dei materiali riciclati viene dal settore dell’edilizia, una percentuale che è dell’86,3% in Germania, 90% in Olanda, 87% in Belgio, 62,3% in Francia. Un divario simile ad un baratro sempre più profondo, quello delle cave, che si potrebbe evitare di aprire se si recuperassero gli inerti edili.
Kasha 1 Marzo 2017 il 2:54 am
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