Presto in Italia potremmo avere una nuova Val di Susa. Non per l’alta velocità, ma per il petrolio. E’ quanto si rischia nel Cilento, in Campania, dove otto Comuni sarebbero a rischio trivellazione da parte della Shell. La compagnia petrolifera che sta combinando disastri in tutto il mondo ha appena ottenuto il permesso, dal Ministero dello Sviluppo Economico, di iniziare i lavori di esplorazione per cercare di capire se sotto il terreno in cui abitano milioni di persone sia il caso di scavare per cercare il petrolio.
La situazione è subito diventando critica considerando essenzialmente due punti: quella è una zona sismica, dunque le trivelle che sono così delicate di fronte ad una scossa di terremoto di media intensità potrebbero subire dei danni e trasformare la valle del Cilento in uno stagno di petrolio; e da qui poi scaturisce il secondo punto delicato: alcune delle zone in cui si dovrebbe trivellare sono a pochi passi dal Parco Nazionale del Cilento.
Come ricordano i sindaci che si sono immediatamente opposti, già una quindicina di anni fa la Texaco ci aveva provato, ma i suoi progetti erano stati respinti perché la zona era stata ritenuta troppo pericolosa per poter effettuare delle operazioni così delicate. I vertici della Shell hanno detto che prima di iniziare i lavori valuteranno i dati già esistenti senza scavare nulla, certo è che in 15 anni la zona non può essere passata dall’essere sismica al non esserlo più, dunque se l’autorizzazione venisse concessa i conti non tornerebbero.
Intanto ieri gli otto sindaci dei Comuni interessati si sono riuniti per valutare questa vicenda ed hanno prodotto un documento che già dal titolo, “No al petrolio”, lascia intuire le conclusioni, in cui spiegano con i dati reali perché non è il caso di scavare in quelle terre. Se però i lavori dovessero andare avanti, c’è il rischio di nuove manifestazioni, anche dure, da parte della popolazione.
[Fonte: Corriere della Sera]
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