L’Ispra pubblica un nuovo interessante rapporto sui pesticidi nelle acque italiane, un problema forse troppo sottovalutato nel nostro paese. Nonostante la vendita di pesticidi sia diminuita, nelle acque sono state registrate 175 diverse sostanze, in alcune rilevazioni fino a 36 contemporaneamente: un miscuglio chimico di cui, a oggi, ancora non si conoscono precisamente gli effetti.
È stato pubblicato dall’Ispra il nuovo Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque del 2014, liberamente scaricabile dal sito Ispra, in cui si evidenzia come nonostante il calo nelle vendite dei pesticidi, nel 2012 nel nostro paese, nelle acque superficiali e sotterranee della penisola, fossero presenti ben 175 sostanze differenti. Le più presenti derivano dagli erbicidi, a causa del loro spargimento direttamente sul terreno che, combinato alle precipitazioni alquanto frequenti nel periodo primaverile, ne determina il fluire nelle acque sotterranee e superficiali. Tuttavia si rileva che rispetto ad alcuni anni or sono è aumentata la presenza di fungicidi e insetticidi. È importante notare che il rapporto Ispra viene redatto sulla base dei dati forniti all’istituto da Regioni e Agenzie Regionali per l’ambiente, in quanto per alcune regioni abbiamo dati precisi e per altre, invece, dati lacunosi. Il dossier si basa, a ogni modo, sull’esame di ben 27995 campioni entro più di un milione e duecentomila misure analitiche.
Secondo il nuovo rapporto Ispra sui pesticidi nelle acque italiane le concentrazioni degli stessi spesso non appaiono particolarmente alte, tuttavia la loro diffusione sul territorio italiano è notevole, tanto che tali sostanze sono state identificate in quasi il 57% dei monitoraggi su acque di superficie e nel 31% dei monitoraggi per le acque sotterranee. Il luogo dove sono stati rilevati più punti contaminati è la zona della Pianura Padana e Veneta, ma come anticipato questo dipende anche dai dati forniti dalle regioni (in tali zone i controlli sono maggiori e più efficaci). Il problema dei monitoraggi non è cosa da poco, basti pensare che dalla Calabria e dal Molise non è giunto all’Ispra nessun dato, elemento che al contempo la dice lunga sulla probabile sottovalutazione del problema.
Ma quanto spesso l’analisi sui pesticidi nelle acque italiane dimostra una violazione dei limiti di qualità delle stesse? Molto spesso, purtroppo: per quanto concerne le acque di superficie, nel 17,2 per cento dei punti analizzati la quantità di sostanze chimiche era superiore ai limiti di qualità, mentre per le acque profonde si è andati oltre i limiti nel 6,3 per cento dei casi. Tra le sostanze maggiormente presenti abbiamo, in superficie, il glisofate, il metolaclor, il triciclazolo, e in profondità il bentazone, il metalaxil, la terbutilazina e la desetil-terbutilazina. L’Ispra lancia quindi l’allarme in merito alla nostra non adeguata conoscenza degli effetti che un miscuglio di numerose sostanze può avere sugli ecosistemi. Come scrive infatti l’Ispra
nei campioni sono spesso presenti miscele di sostanze diverse: ne sono state trovate fino a 36 contemporaneamente. L’Uomo, gli altri organismi e l’Ambiente sono, pertanto, esposti a un “cocktail” di sostanze chimiche di cui non si conoscono adeguatamente gli effetti, per l’assenza di dati sperimentali.
Un problema che potrebbe essere più grave di quanto si crede, tenendo anche conto di come gli esperti dell’Unione Europea abbiano rilevato che il rischio derivante da miscugli di sostanze chimiche è maggiore di quello rilevato dalle metodologie in fase di autorizzazione, che considerano gli effetti delle singole sostanze ma non gli effetti cumulativi derivanti dalla contemporanea presenza delle stesse.
Photo credits | Daniel Jolivet su Flickr
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