I dati rivelati dalla Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) sono chiari: un ristorante su 4 quest’anno a Pasqua non servirà l’agnello come portata del tipico pranzo. Crescono quindi i ristoranti che, per andare incontro alle nuove tendenze alimentari e alla cresciuta sensibilità nei confronti degli animali, non serviranno piatti a base di agnello e di capretto ma privilegeranno un menù a filiera corta con prodotti biologici (40%).
Sono dati importanti se pensiamo che per domenica 16 aprile si prevedono 3,7 milioni di clienti di ristoranti, in aumento dell’1,5% sul 2016. Circa il 45% delle persone che pranzeranno fuori casa sono turisti, principalmente italiani.
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Ma se nei ristoranti scende la presenza dell’agnello, non succede la stessa cosa nelle case degli italiani che continuano a considerare la carne di agnello la più rappresentativa della tradizione pasquale. Quest’anno l’agnello sarà servito in più di una tavola su due (52%) e sarà presente anche nei pranzi degli agriturismi, come testimonia l’analisi eseguita da Coldiretti in occasione della Pasqua. Il 34% degli italiani acquisterà carne d’agnello italiana e il 12% ha scelto di comperarla direttamente dal produttore mentre solo il restante 6% non è interessato alla provenienza.
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E se c’è chi vuole salvare un agnello, c’è anche chi invece vuole salvare un pastore. Secondo Coldiretti infatti quest’anno c’è una ragione in più per mangiare l’agnello, perché “portare la carne di agnello a tavola significa salvare il lavoro dei circa 4mila pastori terremotati che non hanno ancora abbandonato le aree colpite dal sisma di Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria dove, solo nei 131 comuni del cratere, sono allevate 213mila pecore e capre”. Da qui l’iniziativa #SalvaUnPastore.
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