Il prezzo del pane non si conta solo con il denaro ma anche in termini di costi ambientali. E dall’analisi del primo studio su quest tema pubblicato in Inghilterra su Nature Plants emerge una verità sconcertante: per ogni pagnotta prodotta in Gran Bretagna viene immesso nell’atmosfera mezzo chilo di CO2, un costo ambientale notevole considerato che nel paese se ne vendono ogni giorno 12 milioni.
Secondo la ricerca dell’università di Sheffield, che per la prima volta si basa su calcoli reali e non su stime, fino al 60% dei raccolti nel mondo viene coltivato con l’aiuto di fertilizzanti a base di metano, anidride carbonica, ammoniaca e azoto, che se da un lato accelerano la crescita delle piante, dall’altro sono responsabili di massicce emissioni dannose. Altri studi invece hanno evidenziato come le coltivazioni di grano biologiche, oltre ad occupare vaste zone di terra, immettono nell’atmosfera la stessa quantità di gas serra. Il risultato è che oggi l’agricoltura è responsabile di un terzo delle emissioni globali di gas serra.
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Infatti due terzi delle emissioni derivano dalla produzione industriale dei concimi azotati, buona parte delle restanti emissioni sono dovute all’uso degli stessi concimi azotati che quando entrano in contatto con il suolo rilasciano ossido di diazoto, un potente gas serra.
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Gli studiosi sottolineano che il 30% di quest’ultima fetta di emissioni si potrebbe evitare se si decidesse di utilizzare i fertilizzanti in modo più efficiente, ad esempio aggiungendo inibitori di emissioni ai concimi chimici. Il vero problema è che quando si utilizzano i fertilizzanti non si considera l’enorme impatto ambientale che possono avere e che si potrebbe drasticamente ridurre attraverso un miglioramento delle pratiche agronomiche.