Le riflessioni sulle opportunità fornite dall’agricoltura urbana e la tendenza universale al riconoscimento della sua importanza si traducono in una moltitudine di progetti che vanno dalla semplice messa a coltura di un orto sul prato condominiale, all’organizzazione di reti di orti didattici nelle scuole e nelle università, ai progetti di valorizzazione delle aziende agricole, un tempo periurbane ed ora intarsiate nello sprawl della città, come parchi agricoli di città.
L’orto-mania dilaga ovunque. Più è densa la città più si manifesta in maniera allegramente ossessiva, meno terreno disponibile c’è maggiore è il desiderio che suscita l’orto, è questo desiderio che ha fatto raddoppiare in un anno la vendita di semi da parte delle grandi produttrici americane di sementi da orticole, semi che sono germinati non in pieno campo ma nei vasi di tetti e terrazze dei palazzi cittadini, come accaduto di recente anche a Torino.
Nella metropoli moderna, turrita di grattacieli ed avara di terreno disponibile, si stanno collocando avveniristici eco-skyscrapers ospitanti vertical farm che, grazie alla tecnologia idroponica, ed alle lampade al sodio, “liberano” le piante dai vincoli di terra e dal cielo per condizionarne i cicli indoor.
Tra il vaso coi pomodori ed il visionario grattacielo coltivato, agli estremi del campo, esistono una serie di interventi di portata intermedia, tra i quali le ambitissime serre sui tetti. Tuttavia non tutti i tetti sono in grado di sostenere il peso del roof garden (o meglio kitchen garden) e della struttura della serra e neppure lo sono tutte le tasche.
Natalie Jeremijenko, ingegnere aerospaziale e docente di Salute Ambientale alla New York University, ha fornito un’originale ed economica alternativa chiamata Urban Space Structure.
Il progetto, realizzato in collaborazione con Jeremy Edmiston di SYSTEMarchitects, consta di serre più economiche, più leggere, più efficienti progettate appositamente per i tetti urbani. Urban Space Structure irriga e riscalda le sue piante riciclando l’acqua e l’aria condizionata dell’edificio, allacciandosi ai suoi impianti come un simbionte meccanico. I tetti del tessuto urbano si trasformerebbero, secondo l’ingegnere, in “macchine in crescita”.
La struttura della serra si appoggia su palafitte che, a loro volta, scaricano strategicamente il peso in corrispondenza delle strutture portanti dell’edificio ed è avvolta da un polimero traslucido, resistente e riciclabile chiamato Etfe (etilene tetrafluoroetilene), molto più leggero del vetro e della plastica. La serra pertanto si appoggia all’edificio, si plasma in funzione della stuttura del palazzo-ospite che non viene quasi toccato. Il prototipo ha mostrato requisiti di grande efficienza energetica, buona produttività in termini di ortaggi, economicità e buona integrazione con l’architettura preesistente, pertanto queste grandi nuvole dal cuore verde potrebbero presto atterrare sui tetti delle nostre città.
[Fonte:ingegneri.info]
[Foto:jetsongreen.com]