Un’orso polare sul Tamigi. E’ soltanto la foto di una scultura, bizzarra, paradossale, incredibile, inverosimile. Eppure efficace. Ha un terribile impatto sull’immaginario comune e serve a ricordarci continuamente che gli orsi sono in pericolo. L’idea di una campagna di sensibilizzazione basata sul potere suggestivo delle immagini è dell’Eden, un nuovo canale digitale che si dedica alla storia naturale e vuole mettere in evidenza le disastrose conseguenze dei cambiamenti climatici in atto.
Il ghiaccio al Polo si fa sempre più sottile. C’è chi dice che siano bufale, che gli orsi sono in aumento, sono gli stessi, pochi scienziati che negano il fenomeno del riscaldamento globale come imputabile all’uomo, riconducendolo ad un processo geologico del tutto naturale. Ma la maggioranza del mondo scientifico, ambientalisti a parte, è convinto che l’impronta dell’uomo su quanto sta accadendo sia tutt’altro che irrilevante.
E così si cerca di sfruttare il senso di colpa di ognuno di noi anche con immagini di questo tipo. Come hanno commosso e scosso tutto il mondo gli orsi alla deriva sugli iceberg (anche quelle immagini tuttavia furono ritenute inattendibili e tutt’altro che veritiere), questo orso scolpito sperduto nelle acque del Tamigi, ricorderà ai londinesi che il mondo è in pericolo e che gli equilibri degli ecosistemi terrestri sono drammaticamente in bilico.
La struttura realizzata grazie al lavoro di quindici artisti durato due mesi pesa 1,5 tonnellate ed è alta 16 piedi. Un gigante alla deriva su una calotta glaciale. Il progetto rientra nel programma Fragile Earth, una nuova serie televisiva trasmessa da Eden, presentata da Sir David Attenborough.
E’ il momento di prestare seriamente attenzione alla richiesta di aiuto degli orsi polari, dal momento che il ghiaccio non è mai stato così sottile come oggi. Perdiamo ghiaccio ad una percentuale del 10% in più ogni decade.
Un orso sul Tamigi forse non risolverà il problema, ma servirà a ricordarci simbolicamente che siamo tutti colpevoli di quanto sta accadendo. A noi poi reagire o chiudere gli occhi, includendo tutto nel solito ambientalismo strappalacrime, giudicato eccessivo dai negazionisti del riscaldamento globale.