Questa settimana abbiamo visto le nazioni del G8 impegnarsi a ridurre le emissioni di anidride carbonica dell’80% entro il 2050, il che significa che i Paesi più ricchi del mondo hanno fissato alcuni obiettivi climatici piuttosto rigidi. In teoria, almeno. Le azioni, naturalmente, sono più eloquenti delle parole. Quindi diamo un’occhiata proprio a queste azioni, quelle reali, che inquadrano i veri obiettivi delle più grandi economie del mondo, non soltanto quelle del g8.
Stati Uniti d’America: obiettivi climatici dubbi. Negli Usa attualmente, tutti hanno avuto modo di notare un controsenso. Di recente è passata la legge Waxman-Markey, la quale mira a ridurre le emissioni del 17% entro il 2020, per ritornare all’incirca ai livelli del 2005. La norma internazionale ampiamente accettata è che la riduzione miri a raggiungere i livelli del 1990. L’obiettivo è buono, ma difficile da raggiungere perché la riduzione delle emissioni dovrebbe come minimo raddoppiare per poter almeno avvicinarsi al limite finale dell’80%.
Unione europea: siamo a buon punto. E’ migliore infatti la situazione dell’Unione europea, la quale si è già impegnata in passato a ridurre le emissioni del 20% in tutti i settori entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. Secondo la BBC, l’Unione europea può rafforzare il suo obiettivo di riduzione al 30% se vi fosse un consenso totale, ma conoscendo l’Italia e i nuovi Stati membri, difficilmente ciò avverrà.
Australia: qualcosa va fatto per limitare il carbone. L’Australia infatti ha iniziato bene il cammino verso l’ecologia, ma questo si è arrestato negli ultimi anni, a causa dei problemi con la sua potente industria carboniera. Sempre secondo la BBC, “il Governo australiano ridurrà le proprie emissioni del 5-25% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2000, e del 60% entro il 2050”. Il 5-25%? Non è un po’ larga la forbice? Bene invece il ricorso al famoso Cap and Trade, anche se finora l’applicazione è andata peggio del previsto.
Giappone: nuovi obiettivi climatici. Il Giappone ha fissato gli obiettivi soltanto al 9% di riduzione entro il 2020, pur facendo parte del g8, ed usando lo stesso trucco degli Stati Uniti, cioè tenendo come punto di riferimento i livelli del 2005, anziché quelli del 1990. L’impegno è inferiore al previsto, ma visto che finora erano stati ben pochi quelli presi, è meglio di niente.
Maldive: impegno a liberarsi dal carbonio. Ora in molti obietteranno che le Maldive non sono affatto una delle più grandi economie del mondo. E’ vero, ma vale la pena citarle perché è strano vedere come uno dei Paesi più piccoli e meno “pesanti” dal punto di vista dell’impronta ecologica, finisca con il dare il buon esempio a tutti. Le Maldive infatti hanno posto l’obiettivo di diventare il primo Stato al mondo ad emissioni zero di carbonio. Questa promessa è dovuta più che altro allo spavento che c’è stato in alcune isole, letteralmente sommerse dall’innalzamento delle acque, ma l’impegno e la dedizione di questo tipo deve essere osservata ed imparata dalle nazioni ricche che fanno troppo poco.
Cina, India e Brasile: anche gli obiettivi sul clima sono ancora in via di sviluppo. Le cosiddette economie in via di sviluppo hanno finora rifiutato di fissare obiettivi di riduzione delle emissioni, anche se hanno avuto un buon motivo per farlo. L’India ha ripetutamente detto che sarebbe disposta a farlo se le nazioni ricche si impegnassero a ridurre le emissioni del 25-40% entro il 2020; la Cina, mentre continua con i suoi progetti sull’energia pulita, continua a non fissare alcun concreto obiettivo climatico. Neanche il Brasile ha fissato alcun obiettivo, ma tutti e tre hanno convenuto di fissare obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra per il 2050 entro il mese di dicembre, quando le nazioni in tutto il mondo si riuniranno a Copenaghen per il progetto che seguirà il protocollo di Kyoto.
Fonte: [Treehugger]