Qualche giorno fa la pubblicazione del nuovo sistema di controllo della salute degli oceani conferiva un punteggio di 60 su 100 alle acque che circondano l’Italia, così come agli altri grandi oceani mondali; punteggio “sufficiente” a cui vanno aggiunte le precarie condizioni dei pesci tropicali che, non tollerando le calde temperature delle acque aumentate a seguito del surriscaldamento globale, sono costretti ad emigrare più a Nord. Il dato è confermato da un nuovo studio australiano che ha preso in esame l’impatto dei cambiamenti climatici sui tre oceani che circondano l’Australia.
A emigrare più a Nord in cerca di habitat più fredde sono anche le alghe, i plancton, i microbi. Altro evidente segno dell’aumento della tempeatura terestre a danno dell’ambiente sottomarino è l’acidificazione delle acque, unita allo sbiancamento dei coralli; che sta decimando coralli o ora anche molluschi. Come si legge nel rapporto, a conclusione di tre anni di ricerche
I dati ‘mostrano nuove prove e maggiore certezza che i cambiamenti negli oceani sono dovuti al cambiamento climatico. Per molti gruppi di piante e di animali non vi erano segni di impatto climatico nel 2009, mentre ora vi sono evidenze impressionanti di estesi movimenti verso sud di specie tropicali, di declino delle specie temperate, e i primi segni di effetti dell’acidificazione sui molluschi’.
Questo va ad impattare in modo diretto con le condizioni climatiche della terraferma, con conseguenze sulla salute di animali e piante poiché se gli oceani hanno la capacità di assorbire circa il 40% di anidride carbonica, i microbi eliminano gran parte dell’inquinamento prodotto dall’uomo e il plancton produce il 50% circa dell’ossigeno terrestre. Le alterazioni dell’ambiente sottomarino potrebbero essere molto pericolose anche per l’uomo. Gli scienziati coinvolti nello studio hanno affermato
Possiamo cambiare le nostre pratiche di pesca ma non possiamo aiutare i microbi o il plancton. E ai microbi è dovuto molto del riciclaggio delle sostanze nutrienti e l’eliminazione di molto dell’inquinamento che produciamo.
[Fonte: Ansa]
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