Circa 100 capi di Stato (tranne quello italiano) si sono riuniti nel palazzo delle Nazioni Unite di New York questa mattina per una conferenza senza precedenti sulla lotta al cambiamento climatico. Il miglior risultato lo abbiamo avuto con i leader più attesi, come Obama ed il presidente cinese Hu Jintao, i quali hanno riconosciuto che un accordo è un obiettivo importante, ma hanno anche sottolineato le proprie esigenze.
I negoziatori hanno discusso per raggiungere un accordo per ridurre le emissioni globali entro dicembre, in occasione del meeting di Copenaghen, e gli organizzatori delle Nazioni Unite sperano che questo evento darà ai colloqui un nuovo slancio politico.
Il presidente asiatico ha ammesso che la Cina ha compiuto grandi passi in avanti nello sviluppo, ma è ancora relativamente in ritardo in termini di ricchezza procapite, ma soprattutto nella lotta contro le emissioni. La causa di tale ritardo è la scarsità di capitale e tecnologia, ma soprattutto perché
i Paesi in via di sviluppo hanno limitate capacità e mezzi per affrontare il cambiamento climatico.
Hu Jintao ha anche annunciato che il suo Paese avrebbe fatto quattro passi verso lo sviluppo più ecologico: riduzione delle emissioni di biossido di carbonio con un margine “notevole” entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005; un aumento drastico delle dimensioni delle foreste; un incremento nell’uso di combustibili nucleari o nonfossili del 15% entro il 2020, e lavorare per sviluppare una economia verde.
Ma non sono tutte rose e fiori. Non è detto infatti che la Cina consideri i tagli obbligatori, e se dovesse aumentare la popolazione, probabilmente non riuscirà nemmeno ad avvicinarsi a tali obiettivi. Obama ha anche ripetuto il suo impegno per la crescita verde, pur riconoscendo le battaglie interne che molti Paesi si troveranno ad affrontare. Il mondo
non può permettere che le vecchie divisioni che hanno caratterizzato il dibattito sul clima per così tanti anni possano bloccare i nostri progressi. E così tutti noi ci troveremo ad affrontare i dubbi e le difficoltà nelle nostre capitali, e cercheremo di raggiungere una soluzione duratura per la sfida del clima
ha affermato, aggiungendo che ogni tipo di consenso sarebbe venuto lentamente. Ha anche riconosciuto, e questo è un dato non trascurabile, che gli Stati Uniti e gli altri Paesi ricchi avevano tentato di minimizzare la situazione prima della crisi, ma solo ora l’Occidente si è reso conto della gravità di tale scelta.
La Cina è il maggiore inquinatore al mondo, seguito dagli Stati Uniti. Insieme rappresentano circa il 40% delle emissioni mondiali. Gli Stati Uniti hanno offerto la propria disponibilità ad accettare le limitazioni obbligatorie delle emissioni, impegnandosi maggiormente sulle energie rinnovabili, nuovi standard per ridurre l’inquinamento dei veicoli e rendere l’energia pulita redditizia, fra le altre iniziative. Secondo Obama le nazioni sviluppate devono anche fornire assistenza finanziaria e tecnica per aiutare le altre ad adattarsi all’impatto dei cambiamenti climatici e proseguire verso uno sviluppo con basse emissioni di carbonio.
Verso la conclusione di questa prima incoraggiante giornata, Ban Ki-moon, il segretario generale delle Nazioni Unite, ha fatto appello ai leader di mettere da parte i loro interessi nazionali e pensare al futuro del mondo. Quello che più lo preoccupa è lo scioglimento dei ghiacciai sempre più rapido, dunque non possiamo perdere altro tempo, bisogna agire subito.
Ora la speranza è che questo buon inizio non si perda nelle prossime giornate.