Nell’ambito del Festival dell’energia di Lecce (20-23 maggio) si è dibattuto sul tema del nucleare, all’interno del talk-show “Nucleare, vincere la paura con la ragione“. Tra gli argomenti trattati, spicca in primis la sfiducia degli italiani verso l’atomo, legata in parte alla disinformazione, in parte al giustificato terrore permeato dall’incidente di Chernobyl. Da un’indagine condotta dall’istituto di ricerca GPF su un campione di 2500 italiani (campione un po’ ristretto, a mio avviso) é emerso che la maggior parte dei cittadini è ancora incerta sul prendere posizione e disponibile al dialogo. Come ha spiegato in un’intervista la stessa presidente di GPF, Monica Fabris:
Nella nostra indagine, abbiamo registrato un 15% di supporter, cioè di persone esplicitamente e nettamente a favore del nucleare, e un 31% di assolutamente contrari. Tra questi due estremi abbiamo distinto un 32% di possibilisti e un 22% di scettici. Complessivamente, quindi, esiste un 47% di disponibili (supporter e possibilisti). C’è un margine di manovra molto ampio, tra gli incerti le posizioni sono molto varie, ce ne sono di tendenzialmente più favorevoli e altri tendenzialmente meno favorevoli, ma comunque si tratta di persone che esprimono posizioni aperte, con cui il dialogo è dunque possibile.
La percentuale di italiani favorevoli al nucleare scende quando si prospetta la possibilità di costruire le centrali nel “giardino di casa”:
quando si fa presente questa opzione il favore scende in maniera netta, fino a un 30% di favorevoli. La chiusura in questo caso non è specificamente legata alla tecnologia nucleare, contestazioni in chiave NIMBY sono presenti anche per altri tipi di infrastrutture e perfino per le rinnovabili.
Questa chiusura sarebbe dovuta per l’appunto a quella che viene definita la sindrome NIMBY: è stato l’Osservatorio Nimby Forum®, nel 2009 ad identificare una serie di focolai di protesta nelle aree in cui si era soltanto ipotizzato di costruire le centrali. Un allarmismo dilagante, l’insorgere delle Regioni ed un rapporto tutt’altro che sereno tra Governo ed enti locali sul ritorno all’atomo. Stando al rapporto dell’Osservatorio:
nella seconda metà del 2009 ben 12 regioni hanno ricorso alla Corte Costituzionale contro la Legge 99/2009 che spiana la strada alla via italiana all’atomo. Successivamente Puglia, Basilicata e Campania hanno promulgato una legge regionale in cui escludono e impediscono la realizzazione di centrali nucleari sui loro territori, a febbraio 2010 il Governo ha impugnato di fronte alla Corte Costituzionale queste leggi.
Manca un clima sereno, costruttivo intorno ad una rivoluzione energetica di un tale impatto (di costi ed emotivo) sulla società italiana. Lo scontro non necessariamente da evitare su questi temi potrebbe però avvenire con un’opera di mediazione tra le due parti in conflitto, governo e cittadini, che passi per una seria campagna di informazione e non per una mera propaganda politica, anche abbastanza spicciola, direi. Non è sufficiente dire ai cittadini: tutti hanno le centrali, solo noi no, dobbiamo uniformarci. Non è sufficiente dire pagherete meno l’energia (e soprattutto non è vero). Non è consigliabile tacere sui siti prescelti per gli impianti ed alimentare proteste e malumori ingiustificati in tutta la Penisola. Trasparenza, chiarezza, mediazione, informazione sono le parole chiave della campagna di informazione svolta nella città di Wainesboro, in Georgia (Usa). Il sindaco George Deloach (nella foto sopra), che ha partecipato al Festival dell’Energia di Lecce, ha spiegato che
tutti i cittadini di Waynesboro hanno accolto con molto entusiasmo la notizia che le Centrali 3 e 4 sarebbero state costruite a Plant Vogtle. Molti proprietari terrieri hanno cominciato ad organizzarsi per realizzare nuove unità abitative che sarebbero servite ai lavoratori nella fase di costruzione delle centrali. L’Amministrazione cittadina ha lavorato per incrementare tutti i servizi e migliorare la vivibilità della zona per affrontare la crescita che ci aspettiamo nei prossimi dieci anni. La maggior parte dei cittadini ha accolto bene l’ipotesi di espansione di Plant Vogtle anche perché il giudizio sulla realizzazione delle prime due centrali era complessivamente positivo: le prime due centrali hanno funzionato bene e in un clima di fiducia e comprensione, l’impatto economico per la Georgia è stato molto positivo e abbiamo risposto all’esigenza di avere energia elettrica pulita, affidabile e accessibile.
Il tutto grazie ad una campagna di informazione puntuale, rigorosa, trasparente, quella che manca in Italia:
La Southern Company (la società costituità da Georgia Power e Southern Nuclear Company) ha sempre fornito e continua a fornire notizie sia alla comunità sia alle istituzioni attraverso diversi canali: newsletter, articoli sui media, aggiornamenti continui attraverso i rappresentanti della contea e della città, visite alla centrale, presentazioni a organizzazioni e associazioni della comunità locale, siti web, incontri pubblici. I rappresentanti della società si sono sempre dimostrati attivi nel mantenere aperti dei canali di comunicazione con la comunità e i suoi rappresentanti, e nel lavorare insieme, fin dalla costruzione delle unità preesistenti (negli anni Settanta-Ottanta) e per tutti i venti anni di attività delle Centrali 1 e 2.
Per ulteriori approfondimenti: Gli italiani e l’energia; Il ritorno al nucleare in Italia passa dall’informazione; L’esperienza della città di Waynesboro.
[Fonte: Energiaspiegata.it]