Il vecchio slogan del “Sì al nucleare, ma non nel mio cortile” torna di moda. Se una volta c’erano solo 6 Regioni ad opporsi al ritorno all’atomo in Italia, il fronte del “no” si è poi allargato ad oltre la metà delle Regioni, 11 per l’esattezza, ed ora la situazione, dopo la tragedia del Giappone, si è capovolta, con soltanto 3 Regioni che lasciano aperta una porta al nucleare. Ma lasciare aperta una porta non significa che veramente le centrali varcheranno quella soglia.
Anzi, a sentire i tre presidenti di Regione (Formigoni, Caldoro e Cota), vien quasi da ridere, e si capisce come le dichiarazioni pro-nucleare siano fatte più per ragioni di partito che per vera volontà di avere le centrali sotto casa. Anche perché sanno benissimo tutti e tre che tra 10 anni (minimo), quando le centrali saranno attive, a capo della giunta non ci saranno più loro, e la patata bollente passerà a qualche altro malcapitato.
A dir la verità tra quelli che non si opponevano al nucleare c’era anche il neo-eletto Luca Zaia, presidente del Veneto, il quale, con le amministrative alle porte, da bravo leghista ha tastato il polso dell’umore della popolazione, e si è subito precipitato ad affermare:
Fino a quando ci sarò io è e sarà sempre no all’ipotesi di ospitare una centrale nucleare, il Veneto non ha le caratteristiche necessarie.
Secondo Zaia il Veneto è territorio sismico e dunque non può ospitare una centrale. Ma quale area italiana non è sismica? Almeno c’è da riconoscere a Zaia di essere stato chiaro e netto, sperando che, una volta passate le elezioni, non si rimangi la parola. Ma sono le dichiarazioni dei tre presidenti pro-nucleare a far ridere (per non piangere), tanto da farli sembrare degni di Zelig. Il primo è Formigoni, presidente della Lombardia, che afferma:
Siamo autosufficienti nella produzione di energia e di questo bisognerà tenere conto quando si penserà alle nuove localizzazioni. Ma bisogna notare anche che le centrali del Giappone sono obsolete. Senza dimenticare che il Giappone è terra altissimamente sismica.
Praticamente significa “siamo d’accordo con le centrali, ma in Lombardia non le vogliamo perché siamo autosufficienti”. E poi l’Italia, con decine di terremoti all’anno e mediamente uno ogni 15-20 anni devastante come quello de L’Aquila, non è altissimamente sismica? Gli fa eco, sempre sullo stesso tema, Stefano Caldoro, presidente della Campania:
Proprio oggi (ieri, ndr) c’è stata una scossa del terzo grado nel beneventano, ma c’è un gap energetico da colmare e non bisogna fare scelte ideologiche.
Traducendo anche qui, capiamo che Caldoro ci dice che per colmare le carenze energetiche non dobbiamo avere paura delle centrali nucleari, nonostante siamo consapevoli che il nostro territorio è a rischio sismico. Lo stesso Caldoro, in un’intervista a Repubblica, aggiunge subito dopo che secondo lui la Campania non ha le condizioni morfologiche per ospitare una centrale, dunque anche lui fa come Formigoni: sono d’accordo con il nucleare, ma non a casa mia. Ma il top lo si raggiunge con l’altro governatore leghista, Roberto Cota, il quale spiega:
Dire no al nucleare sarebbe ipocrita con le centrali francesi al confine, ma in Piemonte non ci sono le caratteristiche adatte per un nuovo impianto.
Qui proprio l’assioma del “non nel mio cortile” diventa letterale, e non c’è nemmeno bisogno di tradurlo. A questo punto un elettore di questi tre politici dovrebbe porsi delle domande, tra cui una su quanto si sente sicuro ad essere governato da certe persone che dicono una cosa ma ne pensano un’altra.
Mora 1 Marzo 2017 il 2:54 am
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