Nonostante il referendum abrogativo del 1987 il nucleare torna in Italia. Ma davvero è la fonte di energia del futuro? Il motivo è espresso nelle parole del Presidente neo-eletto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, Umberto Veronesi, Senatore Pd e prima ancora oncologo di fama internazionale
Tutta Italia si rende conto che il nucleare è inevitabile, perché fra 50 anni non avremo più petrolio, fra 100 non ci sarà più carbone e fra 150 finirà il gas: poi saremo all’asciutto. Adesso c’é la fissione nucleare, tra 20 anni ci sarà la quarta generazione che non avrà più scorie e poi negli anni ’70 arriverà la fusione. Se abbiamo amore per i nostri figli e i nostri nipoti dobbiamo intraprendere questa strada, perché saranno loro che intorno al 2120 vivranno la tragedia della carenza di energia.
E nel frattempo urgono i preparativi per accogliere le sette centrali nucleari nel Paese, i cui investimenti complessivi di circa 35 miliardi di euro permetteranno di farne entrare in funzione la prima nel 2025. Come si legge nel rapporto ENEA, Energia e ambiente-analisi e scenari, presentato a Roma il 1 dicembre, gli investimenti per il nucleare porterebbero ad una
riduzione del 27% delle emissioni di CO2 imputabili al parco elettrico (meno 10% delle emissioni totali).
Tuttavia si legge più avanti nello scenario di riferimento che le emissioni di CO2 nel 2009 si sono ridotte di circa il 15% rispetto al 2005 per effetto del calo dei consumi; e che per mantenere questa tendenza si dovrà intervenire nel sistema energetico con misure più stringenti.
Il giorno dopo le Commissioni congiunte Ambiente e Attività produttive della Camera eleggono solo quattro dei cinque canditati all’Agenzia per la sicurezza nucleare. A rimanere fuori il capo gabinetto del ministero dell’Ambiente, Michele Corradino. Una scelta che per il ministro Stefania Prestigiacomo non comprometterà il programma per il nucleare; ma per l’esponente Pd in Commissione Ambiente al senato, Roberto Della Seta, segnerà invece una “parentesi dalla quale potrebbe non uscire per molto, molto tempo”, posticipando in data da definirsi il ritorno al nucleare
Del resto gli entusiasmi per il nucleare all’interno della maggioranza si sono raffreddati da tempo: da un lato ci sono i costi proibitivi, dall’altro i sondaggi che dimostrano come la percentuale di contrari al ritorno dell’atomo è cresciuta proprio in questi anni di governo Berlusconi, arrivando a toccare quota 62%.
Il nucleare è davvero l’unica soluzione al fabbisogno energetico del nostro futuro? La richiesta di uranio negli ultimi anni è aumentata fortemente per la costruzione di nuovi reattori nucleari (442 se ne contano nel 2006 e altri 168 sono previsti per il 2020) e per l’aumentare della domanda energetica di Paesi come Cina, India, Corea del Sud, Giappone, Russia e Stati Uniti; e già ora si stanno intaccando le cosiddette fonti secondarie di uranio, ossia le scorte accumulate nei depositi. I ricercatori del Clean Energy Research Centre dell’Università della Florida hanno dimostrato che al ritmo di oggi la disponibilità di combustibili nucleari sarà sufficiente per altri 42 anni, ma la crescente domanda dei prossimi anni potrebbe far anticipare questa previsione. Lo afferma il codirettore dell’Università, Yogi Goswani
Entro il 2050 le riserve conosciute e quelle ancora da scoprire potrebbero essere finite.
E altri studiosi già pensano al riciclo del combustibile usato, come ha spiegato il vicepresidente della sede statunitense dell’Areva, Alan Hanson
Oggi gli Usa sono focalizzati su un utilizzo singolo dell’uranio, ma la maggior parte dell’energia rimane dopo il primo ciclo di utilizzo, inoltre il riciclo diminuisce del 75 per cento il volume delle scorie di alto livello da mandare nei depositi, e la loro tossicità del 90%.
A rimettere in discussione il ritorno al nucleare sono anche i costi sempre più proibitivi del combustibile. Lo afferma in un recente studio del gruppo finanziario RBC Capital Market
La nostra previsione è di deficit molto significativi, a partire dal 2012-2013, che cresceranno fino al 2020 fino a 100 milioni di libbre (44mila tonnellate); questo si tradurrà in un forte aumento dei prezzi del minerale a partire da fine 2011 – inizio 2012 al massimo, e ci saranno riflessi positivi sulle quotazioni delle compagnie legate all’estrazione.
[Fonti: Ansa; La Repubblica; Solarenews]
[Foto: flickr]
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