La classica specialità italiana dello scarica barile non poteva mancare nel valzer del nucleare. Tutti (o quasi) contenti del ritorno all’atomo, almeno in linea teorica. Sì perché, in pratica, nessuno lo vuole nella propria Regione. Dopo l’accordo tra il Presidente Berlusconi e Sarkozy, subito si è scatenato il toto-sito, cioè centinaia di azzeccagarbugli hanno tentato di individuare i siti in cui verranno costruite le future centrali nucleari italiane. 4 per la precisione.
Ha fatto un certo scalpore però vedere Ugo Cappellacci, neo presidente della Regione Sardegna grazie al forte impegno proprio di Berlusconi, opporsi fortemente alla costruzione di una centrale nella sua Regione. Ad una domanda sull’argomento postagli da un sardo su Facebook, questa è stata la risposta:
State certi che dovrebbero passare sul mio corpo prima di fare una cosa simile.
Cappellacci in campagna elettorale aveva promesso di mantenere lo stato di Regione denuclearizzata dopo la sua elezione, e conferma questo proposito opponendosi duramente proprio a colui che è riuscito a farlo eleggere. Ma non è finita di certo qui.
Una delle Regioni da sempre nelle mani del centrodestra, la Lombardia, non ha detto nè sì nè no, ma solo un laconico “vedremo, valuteremo, verificheremo“, che significa che nemmeno loro sono tanto convinti. Tra le Regioni che si sono dette disponibili troviamo la Sicilia, ma soltanto se, insieme alla centrale nucleare, saranno approvati progetti per le infrastrutture (non solo il ponte sullo Stretto); il Friuli, che però ha chiesto che si faccia oltreconfine, praticamente in Slovenia; l’Abruzzo, che però si è preso del tempo per valutare se sia effettivamente il caso; e la Campania, che ha chiesto che si dia la precedenza alle rinnovabili. Soltanto il Veneto si è detto disponibile senza se e senza ma, mentre la Liguria ancora non si è espressa. Tutte le altre 11 Regioni hanno detto un secco no.
A questo punto non si capisce cosa dia al Ministro Scajola tutta questa sicurezza nell’affermare che:
il clima è cambiato rispetto al referendum del 1987: c’è bisogno di energia certa a costi contenuti e credo che la gente lo abbia capito.
Un altro referendum però non lo fanno, perché tanto sanno già quale sarebbe il risultato. Senza tener conto che quando poi si dovrà decidere sui siti in cui stoccare le scorie radioattive, lì sì che ci sarà da piangere.
anna-ecobaometro 13 Aprile 2009 il 1:28 pm
E ora che c’è stato il terremoto, non sarà il caso di pensare alla reale sicurezza deli impianti cosiddetti di ultima generazione?