Torniamo a parlare di nucleare: in Italia dobbiamo smaltire oltre 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa, media e alta attività, questi i dati diffusi in occasione della nascita dell’Osservatorio per la Chiusura del Ciclo Nucleare, organismo indipendente orientato all’informazione sulle ripercussioni ambientali ed economiche, e sugli aspetti tecnici, connessi alla presenza di rifiuti radioattivi nel nostro paese.
In Italia abbiamo 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi da smaltire, da qui a pochi anni. Sul fronte del nucleare il nostro paese, è bene ricordarlo, deve ancora raggiungere l’obiettivo di smantellamento delle centrali e degli impianti di Trino, Caorso, Latina, Garigliano, Bosco Marengo, Saluggia, Casaccia e Rotondella. La chiusura e lo smantellamento dei centri generano ben 55 mila metri cubi di rifiuti di cui oltre 10 ad alta attività.
Secondo il nuovo osservatorio, inoltre, la quantità di rifiuti radioattivi in Italia, a oggi, derivanti dalle varie attività diagnostiche e terapeutiche iscrivibili nell’ambito della medicina nucleare, della farmacologia o di altri particolari settori dell’industria è pari a 15 mila metri cubi circa, 3 dei quali ad alta attività. Nei prossimi anni verranno prodotti altri 20 mila e 500 metri cubi di rifiuti tossici, per un totale approssimativo di 90 mila metri cubi da smaltire.
Ci si chiederà, ma questi rifiuti radioattivi che di giorno in giorno si generano in Italia, che fine fanno? Gli stessi vengono generalmente conservati in aree di stoccaggio di carattere provvisorio. Già da tempo si parla della creazione del Deposito nazionale per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ma da recenti stime si calcola che per la sua realizzazione ci vorranno almeno altri 5 anni. Stefano Leoni, presidente dell’Osservatorio, ha di recente affermato:
Trovare una soluzione ad una situazione precaria e insicura, come quella in cui si trova la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, è un atto dovuto. È una responsabilità di tutti noi, anche di chi, come me, ha combattuto per la chiusura delle centrali nucleari. È questo lo spirito che guiderà l’attività dell’Osservatorio, non solo per garantire la sicurezza per i prossimi anni, ma anche per le generazioni future.
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