Dopo le proteste di migliaia di italiani che, specialmente in rete, si sono riversati per dire no alle centrali nucleari; dopo l’altolà di alcuni presidenti di Regione come Vendola che ha detto che in Puglia le centrali le costruiranno solo con i carrarmati, o Lombardo in Sicilia che ha paragonato il nucleare all’immondizia; dopo addirittura che i presidenti di Regione di destra come Zaia (Veneto) e Formigoni (Lombardia) hanno dichiarato che non vogliono il nucleare nel loro territorio; dopo tutto questo, il Governo si è reso conto che in Italia il nucleare lo vogliono solo il Pdl e le imprese coinvolte, e così ha cominciato a compiere dei passi indietro.
Ieri, in Commissione Ambiente e Attività Produttive alla Camera, è stato emesso un nuovo decreto legislativo che dice in sostanza che le centrali nucleari potranno essere costruite solo ed esclusivamente in quelle Regioni in cui sia la dirigenza politica che i cittadini saranno d’accordo. Praticamente nessuna.
L’imput lo dette la Cassazione un anno fa, quando affermò che il Governo doveva chiedere il parere alle Regioni per la costruzione delle centrali nucleari. Tale parere non era vincolante, ma restava obbligatorio. Nella seduta di ieri Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo Economico, ha trasformato questo parere in vincolante.
Non si potranno realizzare le centrali nucleari nelle Regioni che si esprimeranno negativamente sulla localizzazione degli impianti nel loro territorio e il programma energetico nucleare non potrà essere realizzato in assenza di una totale condivisione delle comunità territoriali coinvolte
ha dichiarato Saglia, finalmente una dimostrazione di buon senso da parte di un rappresentante della maggioranza. Una rarità di questi tempi. Dopotutto se persino il più nuclearista tra i nuclearisti come Chicco Testa questa mattina sul Corriere della Sera valuta come un “errore” l’insistenza del Governo sul tema in questo clima di paura generale, vuol dire che davvero qualcosa sta cambiando.
Ma conoscendo il modo di fare del Governo, c’è sempre il pericolo che, passata la paura, basterà un decreto per rimettere tutte le cose a posto, mettendo da parte la volontà delle Regioni e dei cittadini e riprendendo con il suo programma da dove l’avevano interrotto. Per questo rimane sempre fondamentale il voto al referendum del prossimo 12 giugno, data divenuta oggi ufficiale in quanto, per un solo voto, l’idea dell’Election Day (elezioni amministrative e referendum nello stesso giorno) è stata bocciata.
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