Il periodo in cui il Giappone è stato nuclear-free sta per scadere. Dopo che il mese scorso era stata chiusa l’ultima centrale nucleare per i controlli susseguenti al disastro di Fukushima, il Paese asiatico è rimasto per la prima volta negli ultimi 42 anni senza nemmeno un watt prodotto dall’energia nucleare. Purtroppo però questo periodo è stato troppo breve ed ormai è quasi scaduto. Shinobu Tokioka, il sindaco di Oi, una città nella prefettura di Fukui, ha infatti autorizzato il riavvio di due reattori della locale centrale nucleare.
Quell’impianto infatti è stato uno dei primi ad essere chiuso dopo il disastro, si è adeguato alle norme di sicurezza ed ha passato tutti i test che l’agenzia per la sicurezza nucleare ha effettuato negli scorsi mesi. Il dubbio per tanta fretta proviene dal fatto che Tokioka è il fondatore di una società che rifornisce di materiali da costruzione proprio la centrale in questione, e forse proprio per questo ne sta sollecitando la riapertura. Evidentemente tutto il mondo è paese. A suo dire l’accelerazione nelle pratiche è dovuta al fatto che la sicurezza energetica per la sua città, da quando è stata chiusa la centrale, non si può garantire, e questo potrebbe avere un duro impatto sull’economia locale.
Purtroppo è d’accordo con lui il governatore del prefetto di Fukui, Issei Nishikawa, il quale ha dato l’autorizzazione e sembra voler presto riavviare tutti gli altri reattori della sua prefettura. In totale sono 13. Ora manca solo l’ok del Primo Ministro Noda, che arriverà secondo le previsioni sabato prossimo. Non appena il presidente firmerà, la centrale verrà subito riavviata, ma non entrerà a pieno regime fino a luglio.
La speranza però che i giapponesi si siano “scottati” per l’incidente del marzo 2011 c’è. Delle 11 amministrazioni comunali nelle vicinanze di Fukushima, appena 2 hanno appoggiato la politica del ritorno al nucleare, ed anche se il Premier Noda continua ad affermare che la sicurezza energetica continua ad essere garantita solo dall’atomo, né gli amministratori locali né molti componenti del Parlamento nipponico hanno intenzione di intraprendere questa via, e tenteranno con altre fonti, speriamo rinnovabili.
[Fonte: The Guardian]
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