Dopo Chernobyl molti Paesi hanno pensato che fosse il caso di lasciar perdere con il nucleare. Qualche anno dopo però quasi tutti quelli industrializzati avevano almeno una propria centrale in casa. Quasi trent’anni dopo in Giappone abbiamo avuto il bis, con la centrale di Fukushima che ha messo letteralmente in ginocchio l’economia nipponica, la terza al mondo. Anche in questo caso abbiamo avuto la stessa reazione, e cioè all’inizio decidere di abbandonare il nucleare, ma passata la paura sembra non sia cambiato molto.
Gli unici Paesi che hanno preso in considerazione realmente l’ipotesi dell’abbandono definitivo dell’atomo sono stati la Germania e la Svizzera che hanno deciso di non costruire più nuove centrali e di cominciare a chiudere quelle vecchie. Più l’Italia che si sa, con il referendum ha chiuso definitivamente ogni discorso. Ma nel resto del mondo cosa accade? Un recente rapporto effettuato dal Consiglio Mondiale sull’Energia ha notato che specialmente nei Paesi non-OCSE il problema del nucleare non è stato quasi per nulla dibattuto.
Attualmente sono una cinquantina i Paesi che hanno avviato o stanno avviando un programma atomico, per la maggior parte in Cina, dove l’addio graduale al carbone ha portato ad una scelta quasi obbligata, ma anche in Russia, India e Corea del Sud. I grandi Paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non pensano di abbandonare il nucleare, ma almeno hanno rivisto un po’ le loro regole, con maggiore attenzione alla sicurezza. Nonostante questo però una larga fetta di cittadini è contro l’atomo, e sarà davvero complicato in futuro vedere costruire su quei territori nuove centrali.
Dal rapporto emerge con chiarezza che l’energia nucleare giocherà un importante ruolo nel futuro mix energetico, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, a condizione che la sicurezza nucleare e la trasparenza siano continuamente rafforzate. Sono certo che per i nostri leader mondiali si presenti una reale opportunità per promuovere una soluzione consensuale su questo tema e dimostrare, di conseguenza, che un’effettiva governance internazionale, dove le economie emergenti partecipano nel modo più ampio possibile, può avere successo
ha spiegato Pierre Gadonneix, Presidente del World Energy Council. Ad ogni modo un obiettivo è stato raggiunto. Visto ciò che può capitare con una centrale nucleare, i popoli che vivono nelle terre in cui sono presenti queste potenziali bombe atomiche chiedono maggiori controlli, e così non corriamo più il rischio di avere dei rottami come quello di Chernobyl. Infatti ancora oggi molte centrali che non hanno superato gli stress test non hanno riaperto, e siamo sicuri che in futuro quelle costruite non avranno più tutte le falle di quelle vecchie. Certo, poi il nucleare sicuro non esiste, ma questo chi decide di puntare sull’atomo lo sa bene a suo rischio e pericolo.
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