Se lo tsunami vero (quello di acqua) ha colpito solo il Giappone, un altro tipo di tsunami, quello dell’onda anti-nucleare, ha letteralmente invaso tutto il mondo. Le prime a muoversi sono state Germania e Svizzera, seguite da alcuni Paesi del Sudamerica, ma ora pare che tutto il mondo si stia ponendo due domande: 1- abbiamo davvero bisogno del nucleare? 2- quanto è sicuro quello che abbiamo?
Molti Paesi hanno deciso di fare il punto sulla sicurezza degli impianti nucleari, e/o di frenare l’approvazione di qualsiasi nuovo sviluppo di energia nucleare. Dopo la decisione di Svizzera e Germania, avantieri la Commissione europea ha ordinato a tutte le società energetiche dell’UE di presentare i dati sulla sicurezza e la preparazione all’emergenza di ogni singola centrale nucleare.
La Commissione europea sta pianificando un riesame della situazione, e si è rivolta a tutte le società del settore energetico dell’UE, richiedendo una descrizione dettagliata di come funzionano i meccanismi di raffreddamento dei 150 reattori che oggi abbiamo, comprendendo una relazione sui piani di emergenza in caso di terremoti, i sistemi di backup in grado di fornire energia in caso di malfunzionamenti, e come l’UE dovrebbe gestire più incidenti contemporanei in diverse centrali elettriche.
Dall’altra parte del mondo, la Cina ha deciso di porsi un limite di 90 giorni per l’approvazione dei 25 impianti in costruzione; Taiwan ha detto che rivedrà la sua politica nucleare; la Corea del Sud ha avviato un gran numero di controlli di sicurezza nei suoi impianti funzionanti; ed il partito Verde australiano afferma che tutto il mondo dovrebbe lasciar perdere il nucleare. Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che un bel pezzo del Pil australiano provenga dalle miniere di uranio.
Gli eventi in Giappone devono spingere la comunità internazionale ad avviare una fase di uscita da questa tecnologia tossica e obsoleta, a partire da una revisione globale degli impianti più vecchi e vulnerabili
ha detto il portavoce del Partito dei Verdi australiano Scott Ludlam. Un definitivo allontanamento del nucleare è abbastanza improbabile (il mondo oggi conta 442 reattori, 65 in costruzione, che attualmente forniscono circa il 13,8% dell’energia elettrica mondiale), ma evitare di costruire nuove centrali e, gradualmente, sostituire quelle vecchie con le rinnovabili, sembra la via giusta.
Negli Stati Uniti, il ministro dell’Energia Stephen Chu ha detto che gli americani dovrebbero avere “piena fiducia” nelle norme di sicurezza nazionali, ma che Fukushima porterà gli States a “valutare e aumentare” la sicurezza dei propri reattori. I Paesi che hanno detto che sicuramente non cambieranno la loro politica nucleare sono Russia (che ha già investito 9 miliardi di euro in Bielorussia per costruire un reattore), la Francia, che genera oltre il 75% della sua energia con il nucleare, la Turchia, la Repubblica Ceca, il Brasile e l’India, oltre all’Italia che però ha ancora progetti solo sulla carta, e che speriamo si ravveda presto.
Al contrario invece i Paesi che sicuramente agiranno duramente sul problema saranno necessariamente il Giappone che, passata la crisi, farà a meno di 11 reattori, e la Germania che ha già annunciato di volerne spegnere 7.
[Fonte: Treehugger]
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