Puglia, Campania e Basilicata dovranno fare i conti ora con un nuovo problema: il rischio di veder costruire una centrale nucleare sul proprio territorio diventa sempre più alto. La Corte Costituzionale, riunitasi ieri in Consulta, ha deciso che le leggi regionali che impedivano l’installazione di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi sul proprio territorio sono incostituzionali in quanto vanno a sconfinare nelle competenze nazionali.
Le tre Regioni meridionali erano tra le più decise a portare avanti la lotta contro il ritorno al nucleare in quanto erano segnalate tra i siti con maggiori garanzie per la costruzione di centrali o depositi di scorie radioattive (basta ricordare ciò che avvenne qualche anno fa a Scanzano Jonico). Per questo, non appena il Governo ha ricominciato a parlare di nucleare, sono state le prime ad alzare le barricate. Ora però queste sono state abbattute.
Si legge sul documento della Corte che le leggi regionali sono state bocciate perché
avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente (art.117, secondo comma, lettera s), e sarebbe stata lesa la competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza (art.117, secondo comma, lettere d e h).
Tutto perduto? Forse no. La via d’uscita la offre la Consulta stessa. Secondo i giudici infatti se queste ed altre Regioni volessero opporsi all’installazione di siti nucleari, hanno la possibilità di impugnare la legge statale, senza fare leggi regionali. Non solo. Infatti ci sono altre Regioni che questo provvedimento l’hanno già attuato, e cioè impugnare il decreto delegato contro la costruzione delle centrali. Su di esse la Consulta deve ancora pronunciarsi, ma se dovesse considerare legittima l’impugnazione, anche Puglia, Basilicata e Campania potranno farlo, bloccando l’iter del nucleare.
Un iter che potrebbe essere bloccato dagli italiani stessi. Infatti l’Italia dei Valori ha raccolto le firme per alcuni referendum, e tra questi c’è anche quello sul nucleare. Il partito di Di Pietro è sempre stato contro il ritorno al passato, ha raccolto le 500 mila firme necessarie per il referendum popolare ed il prossimo 10 gennaio la Corte Costituzionale dovrà valutare il da farsi. Se dovesse essere autorizzato il referendum, probabilmente non ci sarà legge nazionale che tenga, visto che gli italiani potrebbero decidere che il nucleare non s’ha da fare. Sempre che il parere degli italiani conti ancora qualcosa.
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