L’Italia ha fatto un ulteriore passo in avanti verso il nucleare. Mentre fino a poco tempo fa la maggior parte delle Regioni si erano dette contrarie agli impianti nucleari e quelle che non l’avevano fatto, di certo non si erano espresse per il sì ma erano rimaste in bilico, oggi arrivano le delibere sul nuovo documento presentato dal Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) che ha indicato essenzialmente in 12 Regioni quelle che hanno le caratteristiche ottimali per ospitare una centrale.
Di queste, ben 8 si sono opposte (Emilia Romagna, Basilicata, Toscana, Sardegna, Umbria, Puglia, Liguria e Sicilia) e solo 4 hanno dato la loro disponibilità (Lombardia, Veneto, Piemonte e Campania). Ma anche se c’è apertura al nucleare, non è detto che questa sia senza condizioni. Anzi, la condizione principale è che se nucleare dev’essere, almeno sia di terza generazione, perché considerato meno costoso e più sicuro di quello di quarta generazione, che in realtà non è mai stato attuato in nessuna parte del mondo.
La tipologia di impianti che sono stati “autorizzati” sia dalle Regioni che dai Comuni, per bocca del vicepresidente dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) Salvatore Perugini, sindaco di Cosenza, sono gli Epr (per intenderci, quello che è da 6 anni in costruzione in Finlandia, che ha raddoppiato costi e tempi di produzione), e gli Ap1000. Gli altri paletti inseriti dai Comuni sono che gli impianti devono avere una vita utile di almeno 60 anni e l’attività di controllo dev’essere almeno ventennale.
Quelle che il Cipe ha imposto, per convincere i Comuni ad aprire le porte al nucleare, sono una serie di caratteristiche:
i sistemi di protezione, controllo e sicurezza devono essere in grado di migliorare la prevenzione di possibili eventi incidentali e la mitigazione delle loro conseguenze; l’impiego efficiente del combustibile nucleare che porti ad una riduzione del consumo di uranio, riducendo le attività connesse alla gestione del combustibile e dei rifiuti radioattivi; la durata della vita operativa dell’impianto non può essere inferiore a 60 anni; deve appartenere a tipologie caratterizzate da significative esperienze di costruzione in altri Paesi industrializzati o ad alto tasso di sviluppo.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, se si vuol costruire l’AP1000 ci sarà da attendere visto che attualmente non ci sono centrali operative in nessuna parte del mondo, e se si vuol mettere la Cina tra i Paesi industrializzati bisognerà attendere il 2014 per poterne vedere una in funzione, altrimenti per aspettare gli Usa bisognerà arrivare al 2017 o 2018. Tempi di attesa accettabili secondo il Governo, e secondo il presidente dell’Agenzia per la sicurezza del nucleare, Umberto Veronesi, secondo cui il nucleare è una necessità perché i combustibili fossili entro 150 anni saranno tutti finiti. Come se l’uranio fosse eterno.
[Fonti: Ansa; Casaeclima]
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