C’era da aspettarselo, il Giappone del dopo-Fukushima non è più lo stesso. I politici, che nel Paese del Sol Levante non erano considerati una casta ma un gruppo di persone rispettabilissime che fanno il bene dei cittadini, hanno trascorso la cerimonia barricati nel Teatro Nazionale di Tokyo. Una cerimonia chiusissima al pubblico in cui gli unici presenti erano autorità di ogni ordine e grado ed i giornalisti di tutto il mondo che avevano il compito di mostrare il dolore del potere. Insomma, l’isolazionismo al contrario quattro secoli dopo Tokugawa.
Fuori dal Palazzo invece c’era il vero Giappone, quello fatto dai cittadini che non credono più a quello che viene detto in tv, molti dei quali hanno perso qualcuno nel terremoto-tsunami dello scorso anno. In tutte le principali città del Paese, ma in particolare proprio a Tokyo, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza con un solo grido: no al nucleare!
Il Giappone prima del disastro dell’11 marzo 2011 era uno dei Paesi maggiormente dipendendi dall’atomo. Ma la fusione dei tre reattori di Fukushima, accompagnata dalla consapevolezza che quasi nessuna dell’altra cinquantina di centrali sottoposte agli stress test ha passato l’esame, hanno portato i giapponesi a chiedere di puntare su altre forme energetiche. Erano in migliaia ieri che dopo la manifestazione (una manifestazione commovente in cui tutti si tenevano per mano in rispettoso silenzio) hanno letteralmente marciato verso la Tepco, la società responsabile della centrale di Fukushima, con l’intento di mettere in chiaro che il Giappone è dei giapponesi e non delle Corporations.
Diciannovemila persone hanno perso la vita l’11 marzo scorso, per la maggior parte a causa dello tsunami, ma le conseguenze dell’esplosione della centrale sono anche peggiori, se possibile. Ad un anno di distanza le concentrazioni di radioattività per le autorità sono scese, ma per chi invece fa le rilevazioni tutti i giorni sono ancora molto elevate. Non si raccoglie più un frutto, una foglia e non si pesca più un pesce nell’arco di 300 km dalla centrale, dove ormai nessuno più vive e dove, anche secondo i più ottimisti, la situazione è molto delicata. Basterebbe una scossetta di terremoto (ed in Giappone ne fanno quasi tutti i giorni) per rimandare nel panico la popolazione e rimettere in discussione la sicurezza della centrale. Per questo i cittadini chiedono di abbandonare l’energia nucleare, e non fa niente se per adesso l’energia costa tanto perché va importata dalla Cina o da altre nazioni, un giorno ci saranno le rinnovabili a soppiantare l’atomo, e dunque prima si fanno questi investimenti e meglio è. Di seguito alcune foto delle manifestazioni che si sono tenute in tutto il mondo al grido di “non vogliamo un’altra Fukushima”.
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