Un nuovo studio ha rilevato che ci vorranno più di 75 anni per recuperare le emissioni di carbonio attraverso l’uso dei biocarburanti per compensare le emissioni che si avranno quando le piantagioni per i biocarburanti avranno preso il posto delle foreste. Ma se l’habitat ideale sono le torbiere, il bilancio del carbonio dovrebbe aver bisogno di più di 600 anni.
L’olio di palma, sempre più utilizzato come fonte per i biocarburanti, ha sostituito la soia in tutto il mondo. La produzione mondiale dell’olio di palma è aumentata esponenzialmente negli ultimi 40 anni. Nel 2006, l’85% della produzione mondiale di olio di palma è stata prodotta in Indonesia e Malesia, i Paesi la cui perdita di foresta tropicale è di circa 20.000 chilometri quadrati all’anno.
La conversione dei boschi di palme da olio ha risultati significativi sull’impoverimento di entrambe le comunità vegetali e animali. Altre colture tropicali adatte per fare i biocarburanti, come la soia, canna da zucchero e Jatropha però non sono escluse da questa problematica. Infatti tutte queste colture sono simili alla palma, e quindi potrebbero avere ripercussioni sul clima e sulla biodiversità. Spiega Finn Danielsen, ricercatore e autore dello studio:
I biocarburanti sono un pessimo affare per le foreste, la fauna e il clima, se essi sostituiscono le foreste pluviali tropicali. In realtà, essi affrettano il cambiamento climatico, eliminando uno dei più efficienti strumenti di stoccaggio del carbonio.
Nonostante molti Paesi si sforzino di adempiere agli obblighi di ridurre le emissioni di carbonio con un unico accordo internazionale (protocollo di Kyoto), non solo non riescono a soddisfare i loro obblighi nell’ambito di un altro accordo (la Convenzione sulla diversità biologica), ma possono realmente accelerare il cambiamento climatico globale. Secondo lo studio, la riduzione della deforestazione è probabile che rappresenti una strategia più efficace per rallentare i cambiamenti climatici rispetto alla conversione delle foreste per la produzione di biocarburanti per aiutare le nazioni a mantenere gli impegni internazionali per ridurre la perdita di biodiversità. In alternativa, installare un impianto di biocarburanti sui pascoli degradati anziché nelle foreste pluviali tropicali, porterebbe ottenere un netto miglioramento del carbonio nell’atmosfera nel giro di 10 anni.
L’UE e gli Stati Uniti dovrebbero sovvenzionare solo l’importazione del bio-combustibile da produzioni sostenibili e garantite solo da parte di Paesi che possono dimostrare che le foreste sono state gestite in modo sostenibile
spiega Danielsen. Le foreste tropicali contengono più della metà delle specie terrestri del mondo. Esse inoltre hanno stoccato circa il 46% di carbonio di tutto il pianeta ed il 25% del totale netto globale delle emissioni di carbonio che può derivare dalla deforestazione. Vi è quindi un contraddizione insita in qualsiasi strategia che porti ad eliminare la foresta tropicale per far crescere colture per i cosiddetti “combustibili non inquinanti”.
Fonte: [Sciencedaily]