Stop ai test su animali per la pericolosità dei rifiuti, questo l’appello lancio dall’Enpa, l’Ente Nazionale Protezione Animali e dalla Lav, la Lega AntiVivisezione. Dopo la lunga battaglia infine vittoriosa, in Europa, per bandire i test cosmetici, ora le associazioni puntano a fermare i test per determinare la pericolosità dei rifiuti per le discariche.
Non tutti lo sanno, ma i test sugli animali non solo vengono utilizzati per testare cosmetici e per la ricerca, ma anche per determinare il grado di pericolosità, e quindi di ammissibilità, dei rifiuti da destinare alle discariche. Durante la Conferenza di Regioni e Province Autonome si è registrato l’okay per il decreto “Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica”.
Le due associazioni animaliste sottolineano come nel testo si prevedano test su animali di resistenza elettrica transcutantea, procedura crudele, dolorosa, ma anche inutile secondo le associazioni: se si utilizzassero metodi alternativi risultati in tal senso sarebbero più precisi e affidabili.
Appare una notevole forzatura l’applicazione di un metodo che preveda la sperimentazione animale per determinare se un rifiuto possa andare a finire in discarica o meno.
L’appello di Enpa e Lav è chiaro: no ai test su animali per determinare la pericolosità dei rifiuti, il decreto deve essere modificando indicando metodi sostitutivi più avanzati. Le due associazioni hanno inoltre colto l’occasione per ricordare come gli italiani siano sempre più contrari a tali sperimentazioni crudeli sugli animali.
Lo dimostrano le recenti statistiche dell’Istituto Eurispes dove l’87,3% per cento degli italiani si dichiara contrario alla sperimentazione animale, in qualunque forma essa sia condotta.
Noi, oltre a esserci felicitati della decisione europea di mettere al bando i test sugli animali per i cosmetici, riteniamo che i piccoli ma importanti passi che si compiono ogni anno in Italia e in Europa verso una considerazione maggiore nei confronti delle vite degli altri animali debbano proseguire: non possiamo quindi che sostenere la richiesta di utilizzare metodi sostitutivi avanzata in questo caso dalle associazioni.
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