“Il mondo ha davanti a sé una grande sfida: la fame. Ma il progressivo aumento della popolazione rischia di farci perdere questa sfida, senza neppure combatterla”. Così inizia la lettera aperta, scritta qualche tempo fa da Guglielmo Pepe, direttore del National Geographic Italia. Alla fine del 2011 saremo in 7 miliardi a scambiarci gli auguri per il nuovo anno, mentre, nel 2025 saremo 8 miliardi e oltre 9 miliardi nel 2050. Il tasso di incremento è continuo; per ogni secondo che passa ci sono 2,5 neonati in più da alimentare rispetto al precedente, ma con ogni probabilità tenderà ad aumentare.
Nell’ultimo decennio abbiamo consumato più di quanto abbiamo prodotto intaccando le riserve alimentari del pianeta. Per sette anni su nove, il consumo globale ha superato la produzione di cereali.
Continuando così e con l’aumento demografico atteso è facile capire cosa possa accadere nei prossimi anni. Guglielmo Pepe traccia un quadro esaustivo quanto allarmante:
Aumentando la domanda alimentare dovrebbe aumentare la produzione, si dovrebbe, cioè, coltivare di più ma le terre fertili sono una risorsa giunta al limite nei paesi poveri del mondo. Risorsa quasi esaurita anche a causa di diffuse quanto dissennate pratiche di allevamento del bestiame con capacità di carico ampiamente maggiori di quelle tollerabili dal suolo, che inevitabilmente diviene sterile.
C’è anche il tentativo di intensificare la produttività dei suoli già coltivati, rifornendoli, tra l’altro, di un maggior quantitativo d’acqua dolce. Ma anche quest’opzione sarà difficile da conseguirsi a causa del riscaldamento globale che sta prosciugando fiumi e sciogliendo ghiacciai.
Pensiamo alla catena dell’Himalaya: i suoi ghiacciai danno acqua a miliardi di indiani e di cinesi. Ma l’aumento delle temperature rischia di far scomparire questa immensa riserva. Nel giro di un ventennio.
Sono ancora una volta i cambiamenti climatici il pericolo più incombente che maggiormente influirà sulle crisi alimentari ormai prossime le cui prime vittime saranno ovviamente i poveri. Già nel 2008 il rapporto WWF affermava che ai ritmi, allora attuali, di sviluppo le risorse del pianeta non erano più sufficienti e che, per sopravvivere, mantenendo questi ritmi in futuro, ci sarebbe voluto un secondo pianeta ovvero non sopravviveremmo affatto.
E laddove, senza la paura di essere additati quali catastrofisti, si potrebbe cedere alla tentazione di confidare nelle dinamiche ecologiche che governano la vita sul pianeta e sperare in una rinascita di un genere umano, una volta dimezzato dalla fame, più consapevole e pronto a stabilire un nuovo rapporto col pianeta, ci si sorprenderebbe a peccare addirittura di eccesso d’ottimismo. In quali condizioni sarà il pianeta col quale saremmo pronti a ristabilire una nuova armonia?
Noi siamo solo una delle specie a rischio di estinzione, la perdita di biodiversità già ora procede a ritmi serrati. Cosa accadrebbe se, presi dalla fame, si tagliasse ancora Foresta primaria per farne campi? Se già ora, presi non dalla fame ma dall’avidità si depauperano i mari, senza dare tempo ai pesci di compiere i loro cicli riproduttivi cosa accadrà in futuro?
Dopo aver tracciato questo quadro desolante Pepe fa un appello a quei quasi 7 miliardi di persone:
“Siamo ancora in tempo per combattere questa sfida (…) National Geographic ha lanciato un messaggio, forte e chiaro: conosci il tuo pianeta e prenditene cura (…) Possiamo essere solidali, possiamo consumare meno e, soprattutto, in modo diverso.”
L’Occidente, che per anni ha inquinato e divorato il pianeta adesso ha il dovere di dare il buon esempio, di essere convincente con quell’Asia che, sino ad ora in povertà, lo ha visto pascersi alle sue spalle. “Adesso è il mio turno!” dice l’Asia. Con quali argomenti persuaderla che è troppo tardi per fare quello che fino ad ieri facevamo noi? Solo dando il buon esempio forniremo argomenti plausibili.
E come? Il direttore di National Geographic ci fornisce la ricetta: sobrietà, equilibrio, compatibilità, armonia. rispetto delle diversità, responsabilità.
[Fonte: National Gegraphic.it]