Indicato nella letteratura scientifica come Colony Collapse Disorder (CCD), il fenomeno dello spopolamento degli alveari è oggetto di grande attenzione in tutto il mondo. La moria delle api per la complessità del problema e per le rilevanti ricadute che ne derivano è al centro di numerosi studi e di ripetuti interventi da parte dell’Unione Europea che hanno permesso di misurare la dimensione del fenomeno e porre le basi per la sua piena comprensione.
Cosa è il Colony Collapse Disorder
Quando si parla di Colony Collapse Disorder è anzitutto necessario sottolineare come si tratti di un fenomeno molto recente; le prime segnalazioni in Nord America risalgono infatti alla metà degli anni duemila mentre problematiche simili si sono poi manifestate in molte altre parti del mondo ed in particolare in Europa. Lo spopolamento degli alveari consiste in un brusco incremento della mortalità nelle colonie di api in un contesto in cui non è immediato individuarne la causa. In diversi contesti i dati di mortalità delle colonie di api hanno raggiunto percentuali notevoli con gravi ricadute sulla dimensione della popolazione stessa.
La moria delle api ed il conseguente calo della popolazione negli alveari ha pesanti ricadute sull’ambiente e sulla vita dell’uomo. La maggior parte delle colture che si praticano nell’Unione Europea dipendono dall’impollinazione degli insetti, attività in cui il ruolo delle api è insostituibile. Un calo nel numero delle api rischia quindi di avere pesanti ripercussioni sull’agricoltura e di mettere a rischio la produzione di molte colture fondamentali per l’alimentazione umana e per la zootecnia. A questo si aggiungono poi i problemi più specificamente legati all’apicoltura da cui dipendono alcuni prodotti caratteristici dell’alimentazione e del benessere delle persone, dal miele per uso alimentare alla propoli, dalle cera alla pappa reale. Un quadro molto complesso quindi che ha portato diverse organizzazioni a sollecitare attenzione ed impegno per il problema della moria delle api. Greenpeace ad esempio lo scorso hanno ha presentato il rapporto “A come api” sottolineando lo stretto legame che esiste tra la salute delle api ed il benessere dell’uomo.
La moria delle api in Europa
Come si accennava la sindrome dello spopolamento degli alveari è stata osservata per la prima volta in Nord America alla fine del 2005. A seguito delle perdite riscontate si stima che nella regione il numero delle api allevate abbia toccato il valore minimo degli ultimi 50 anni. In Europa il fenomeno si è manifestato in leggero ritardo temporale con ondate spesso molto intense. La moria delle api si è diffusa in tutta l’Europa occidentale colpendo molti paesi tra cui Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna ed anche l’Italia. In tutte questa nazioni negli ultimi 10 anni sono stati ripetutamente segnalati forti riduzioni nel numero e nella composizione delle colonie di api in allevamento.
A livello comunitario ad aver a più riprese affrontato il tema è stata soprattutto l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA – European Food Safety Authority), l’agenzia dell’Unione Europea con sede a Parma. I primi interventi concreti risalgono al 2009 quando l’EFSA ha avviato un progetto per il monitoraggio delle api nell’Unione. Obiettivo del programma era soprattutto la raccolta e l’analisi di dati sullo spopolamento degli alveari come presupposto per individuarne le cause e le possibili contromisure. Già a partire dal 2012 fondi europei sono stati messi a disposizione degli stati dell’Unione per sostenere i programmi di sorveglianza sulla salute delle api.
Le cause della moria delle api
A fronte di studi non sempre di semplice comparazione, l’EFSA ha individuato diversi fattori che singolarmente o in concomitanza possono causare fenomeni di Colony Collapse Disorder. Tra queste possibili cause è elencato anche l’uso eccessivo di pesticidi con con studi che hanno analizzato in particolare la classe degli insetticidi neonicotinoidi che sembrano avere effetti negativi sulla salute di api, bombi e api solitarie. Un secondo fattore che incide sulla CCD è stato identificato nell’insufficiente alimentazione delle api che provoca l’indebolimento degli individui prima e dell’alveare poi. Agenti patogeni e specie invasive sembrano concorrere a loro volta al fenomeno della moria delle api. La presenza dell’acaro varroa, della vespa asiatica, del piccolo scarabeo dell’alveare e dell’acaro sembrano mostrano alcune correlazioni con lo spopolamento degli alveari. Proprio pochi giorni fa l’EFSA ha pubblicato un documento per la valutazione del rischio di diffusione del piccolo scarabeo dell’alveare (SHB), un parassita ostile ad api mellifere, bombi e api senza pungiglione la cui presenza è segnalata nell’Italia del sud almeno dal settembre 2014.
Tra i fattori che concorrono alla moria delle api l’EFSA include anche i processi che alterano l’habitat ottimale di questi insetti. La scomparsa di un habitat favorevole o la sua frammentazione sul territorio concorrono ad indebolire la salute delle api e le relative capacità di adattamento. In questo senso l’EFSA indica sia la diffusione delle coltivazioni OGM che il cambiamento climatico come possibili concause in grado di alterare l’habitat delle api. L’approccio largo che l’EFSA ha dato al problema della moria delle api si è tradotto nel giugno del 2015 in documento di sintesi del progetto MUST-B sui fattori multipli di stress per le api.
Iniziative in difesa della api
Sono molte le iniziative che nel tempo sono nate a tutela del patrimonio di biodiversità rappresentato dalle api. Greenpeace con la sua campagna “Salviamo le api” ha contribuito ad informare e mobilitare i cittadini a difesa della api e di una agricoltura senza pesticidi. Impegni economici e normativi della Commissione Europea sono stati invece riassunti in una infografica denominata “Bee Health” che mostra anche i primi risultati dei progetti comunitari di sorveglianza sulla salute della api.
In Italia l’iniziativa Bee my Future lanciata da LifeGate si propone di sostenere l’allevamento di nuovi alveari. Al progetto si può contribuire in maniera diretta adottando mille api sul sito del progetto. Bee my Future è inoltre sostenuto da Hello Bank! che permette di sostenere il progetto attraverso il conto Hello! Money.
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