In questi giorni si parla tanto di contraffazioni alimentari. Da anni però le associazioni ambientaliste si battono contro un altro tipo di contraffazione ormai accertata: quella dei vestiti. Ha fatto scalpore la campagna di Greenpeace contro le case d’alta moda che utilizzano materiali pericolosi, tagliano le foreste o sfruttano la manodopera del Terzo Mondo per produrre i propri costosissimi capi, e così oggi non solo Greenpeace torna a far parlare di sé, ma lo fanno anche altre associazioni su fronti diversi, ma accomunate dalla stessa battaglia.
Cominciamo però con l’associazione più famosa. Nell’ambito della sua campagna “The Fashion Duel“, ieri mattina, durante l’inaugurazione della settimana della moda, una climber ha scalato il Castello Sforzesco srotolando uno striscione simile ad un tappeto ribattezzato “green carpet”. L’obiettivo è di riportare all’attenzione del pubblico il problema delle sostanze tossiche utilizzate proprio da quei grandi marchi che fanno sfoggio di sé durante le sfilate che si tengono a Milano.
Prima di questa manifestazione però, sempre a Milano, un gruppo di animalisti si era incatenato davanti alla boutique di Cavalli per protestare contro la sabbiatura utilizzata dalla casa di moda per produrre i suoi jeans. Cavalli e Dolce&Gabbana, affermano i manifestanti, continuano ad utilizzare sostanze tossiche nei propri prodotti, nonostante altre case concorrenti come Levi’s, Armani e tante altre abbiano invece deciso di metterle al bando. La sabbiatura è una pratica che serve per sbiancare i jeans ma è tossica specialmente per gli operai che la praticano perché, respirando le sostanze che derivano da questo processo produttivo, rischiano di vedersi diagnosticata la silicosi, una malattia polmonare che porta alla morte.
Ma se queste due emergenze erano note al pubblico, oggi se ne aggiunge anche una terza. Si tratta degli inserti delle pellicce d’animale all’interno dei capi per bambini. L’allarme l’ha lanciato la LAV che ha denunciato come abbia trovato una quantità eccessiva di sostanze tossiche nei capi per bambini dai 18 mesi ai 12 anni, derivate proprio dalla lavorazione di queste pellicce. L’associazione ha perciò chiesto al Ministero della Sanità di intervenire e togliere dal mercato questi capi pericolosi.
è come se si desse ai propri bambini un cucchiaino di veleno. Molti di questi inserti di pelliccia sono dentro i cappucci e circondano il viso del bambino. Molti di questi veleni sono possibili agenti cancerogeni
ha spiegato Alessandro Spaldoni, medico dell’istituto per la certificazione ambientale (Icea), il quale ha anche ribadito che alcune di queste sostanze sono oltre la soglia considerata sicura dall’Unione Europea, a volte anche per più del doppio.
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