Il pericolo per il Capodanno di quest’anno si chiama menu. E’ tradizione infatti che si consumi molto pesce, ma secondo le associazioni ambientaliste, coalizzate sotto la sigla di Ocean2012, molti dei pesci che finiranno nei nostri piatti sono in pericolo di estinzione. Lo rivela il rapporto Last Christmas, il quale si è preoccupato non solo di indicare quali pesci evitare, ma anche di consigliare quali sono gli altri animali che possono essere consumati in loro sostituzione, senza far perdere nulla al menu dell’ultimo dell’anno, o a quello del pranzo del giorno dopo. Vediamo quali sono.
A seconda della tradizione della propria famiglia, si possono trovare grandi varietà di pesce come lo storione atlantico, il salmone selvaggio, i gamberoni tropicali o gli immancabili anguilla e baccalà (conosciuto con il nome scientifico di merluzzo atlantico). Tutti pesci da evitare. Secondo quanto si legge sul rapporto, meglio sostituire tutte queste specie con triglie, saraghi, sardine, sgombri, seppie, ricciole e alici. Il motivo sta da ricercare non solo nel fatto che queste non sono a rischio estinzione, ma anche perché sono pesci “stagionali”, quindi non si fa violenza sulla natura pescandoli in questo periodo. Ultimamente c’è sempre più la moda di importare le pinne di squalo. Sappiate che questa è una pratica brutale perché condanna a morte animali in via di estinzione che vengono pescati per staccargli le pinne e vengono ributtati in mare ancora vivi. Peggio di un film horror.
Se poi ve la sentite di approfondire questa ricerca al pesce sostenibile potete anche valutare la taglia del pesce, evitando quelli troppo piccoli, e chiedere a chi ve lo vende il metodo di pesca, scegliendo quelli più sostenibili e con un minor impatto ambientale. Ad esempio evitare quelli pescati a strascico, meglio invece i pesci d’allevamento, sempre però fatto seguendo le regole. Questa iniziativa si è resa necessaria dopo la rilevazione dei dati sulla pesca europea. Pare infatti che gli stock ittici nel Vecchio Continente siano calati dell’88% ed oltre un terzo delle aree marine sia sovrasfruttata. Tutte pratiche che, se continuassero ancora a lungo, rischierebbero di far diventare i nostri mari delle lande disabitate.
[Fonte: Corriere della Sera]
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