La nuova invasione di meduse nel Mediterraneo è dovuta all’eccesso di pesca, al sovrasfruttamento delle risorse idriche che sbilancia l’equilibrio dell’ecosistema marino favorendo le meduse. A spiegarlo i ricercatori dell’Università del Salento coordinati da Ferdinando Boero nel progetto “Occhio alle Meduse” realizzato in collaborazione con Marevivo e la Commissione Internazionale per l’Esplorazione Scientifica del Mar Mediterraneo, progetto nato con lo scopo di studiare la presenza e la distribuzione delle meduse nel nostro mare raccogliendo dati rilevanti per approfondire la nostra conoscenza di queste forme di vita.
Ferdinando Boero ha commentato così l’ingombrante presenza di meduse:
Non è un bene, nè per gli ecosistemi nè per le finalità umane visto che le meduse non si mangiano, ma d’altra parte è colpa nostra se si sta verificando questo fenomeno, perché abbiamo sovrasfruttato le popolazioni di pesci.
Proprio riguardo al possibile sfruttamento alimentare delle specie registrate nel Mediterraneo Boero ha aggiunto, inoltre:
stiamo facendo ricerche per vedere quali siano le loro proprietà organolettiche e nutritive. In alcuni Paesi, come in Cina e in Giappone, le meduse si mangiano, ma dobbiamo capire se è possibile farlo anche con quelle che popolano i nostri mari.
Al di là della possibile riconversione in risorsa delle meduse resta chiaro un fatto: lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche dei nostri mari non porta nulla di buono a livello ambientale. È risaputo da sempre, e le conferme continuano ad arrivare, anche sottoforma di invasioni di Meduse.
Collegata al progetto “Occhio alle meduse”, che si inserisce nell’ambito dei tre grandi progetti europei di monitoraggio denominati Coconet, Vectors of change e Perseus, troviamo inoltre una App intitolata Meteo Meduse, che permette di monitorare attraverso dispositivi mobile la presenza di meduse sulle coste italiane, nonché la dimensione del gruppo segnalato, la distanza dalla costa, il tipo specifico di meduse interessate e varie altre informazioni.
Photo Credits | tatogra su Flickr