Abies alba, la stessa specie arborea che adesso troneggia nei salotti d’Occidente, vestita di luci e palline è protagonista di un rito millenario che si ripete nella recita della tradizione nel paesaggio-teatro di Rotonda, sul Monte Pollino. Per omaggiare il protagonista indiscusso dei nostri Natali ve la raccontiamo.
Il rito ha radici celtiche e nella sua primitiva versione aveva lo scopo di propiziare benessere e prosperità alla comunità, augurando abbondanti raccolti. Successivamente venne assorbito dalla religione cristiana che lo ha dedicato a Sant’Antonio il quale, si narra, passò per Rotonda nel XIII secolo e fece sosta nei boschi del Pollino, trascorrendo una notte sotto un abete in località Marolo. Si narra anche che anni dopo nello stesso punto un bovaro, inciampando, precipitò in un burrone ed invocò disperatamente il nome del Santo che gli apparve in tutto il suo splendore e lo salvò. Il miracolato raccontò l’accaduto a valle ed ogni anno si recò nel bosco per abbattere un abete ed offrirlo al Santo, coinvolgendo di volta in volta sempre più gente in questo suo gesto, così la storia va avanti da secoli.
La festa del “pitu” culmina con il “matrimonio arboreo” tra un abete di modeste dimensioni, “a rocca”, e la trave ricavata da un enorme faggio (una volta si trattava di un grosso abete, tant’è che il dialetto locale ne conserva il nome), “a pitu”, ma la recita sacra che da secoli si ripete, si compone di più atti e dura in tutto un mese.
La prima domenica di maggio i pitaioli di Rotonda ascendono ai boschi del parco del Pollino per scegliere e contrassegnare un grande faggio di almeno 20 metri, la domenica successiva i roccaioli salgono ai boschi di un paese vicino a Rotonda per fare lo stesso con un piccolo abete.
La notte tra l’8 ed il 9 giugno roccaioli e pitaioli tornano ai boschi per abbattere i promessi sposi. La grande pitu viene abbattuta e squadrata, da un sapiente lavoro di accetta, in una grande trave che viene caricata sui gioghi di 23 coppie di buoi (rievocanti il bovaro che venne graziato dal Santo). La rocca viene abbattuta e caricata in spalla dai roccaioli, che vengono aiutati nelle operazioni di trasporto solo da una coppia di buoi.
Il trasporto degli alberi dura un giorno e prevede un bivacco di riposo drante il quale pitaioli e roccaioli cantano, pregano, ballano e bevono per rinfrancarsi dalle fatiche. Gli alberi arrivano in paese nell’acclamazione generale.
La piccola rocca (l’elemento femminile) viene innestata sulla cima della grande trave (simbolo maschile) ed il matrimonio si compie. Il totem vegetale viene poi issato dalla popolazione davanti al municipio, con la forza delle braccia, della preghiera, l’attaccamento alla tradizione e l’ausilio di sole forche e funi. Una messa ed ancora vino, danze e canti pervadono la festa di paese ormai divenuta grande attrazione per centinaia di curiosissimi turisti.
Gli alberi sposati restano eretti per un anno, per diffondere i loro buoni auspici sugli abitanti di Rotonda, sino alla primavera successiva, quando, in seguito al rito di abbattimento, i fedeli si affolleranno per accaparrarsi un ramoscello sacro e pitaioli e roccaioli saliranno nella notte dei boschi alla ricerca dei nuovi sposi. Questa tradizione millenaria, oltre a rappresentare un vivido scorcio dell’identità locale della Basilicata, contribuisce in maniera indiretta a valorizzare l’azione dei selvicultori locali che da qualche centinaio di anni provvedono a rendere vivi, produttivi e rigenerabili i boschi che ammantano il Pollino.
[Fonte: Gabriele Tardio: l’uomo e gli alberi, rituali del palo]
[Foto: Flickr]
Giuseppe cosenza 14 Dicembre 2010 il 8:58 am
é buona educazione citare le fonti. grazie
Paola Pagliaro 14 Dicembre 2010 il 12:27 pm
Hai perfettamente ragione Giuseppe, una svista, abbiamo provveduto. Scusaci e complimenti per le belle foto!
Anonimo 14 Dicembre 2010 il 2:11 pm
@ Giuseppe cosenza:
Ciao Giuseppe, pardon, è colpa mia, non conoscevo il galateo e le regole di flickr. Da tanto mi interesso e studio di ecologia ma da relativamente poco faccio la blogger. Pardon.