Marea nera in Nuova Zelanda: le ultime notizie che ci arrivano dalle autorità locali non sono affatto confortanti purtroppo. La portacontainer Rena, della greca Costamare Inc, incagliatasi una settimana fa a causa di un errore umano del capitano, a 22 chilometri dalle coste di Tauranga, lungo le spiagge della Bay of Plenty, presenta una crepa nello scafo che si fa sempre più profonda ed è ormai scontato che non reggerà ancora a lungo. Dalla nave sono già fuoriuscite centinaia di tonnellate di greggio, circa 350 si stima, un primo bilancio di quello che si prefigura come il disastro ambientale più grave mai avvenuto in acque neozelandesi. Le operazioni di soccorso coinvolgono oltre 500 persone e proseguono incessantemente in un ultimo disperato sforzo di pompare il petrolio che rimane a bordo, circa 1300 tonnellate, in altre imbarcazioni prima che la nave coli a picco. Steve Jones, portavoce della Maritime New Zealand, spiega che ormai la portacontainer è tenuta unita solo dai suoi componenti interni.
Potrebbe sfasciarsi in qualsiasi momento. Dobbiamo approfittare delle buone condizioni meteo per portare via di qui il petrolio.
Le conseguenze del greggio già finito in mare si fanno sentire e vedere nel loro tremendo impatto, una scia di morte ha travolto decine di uccelli e pesci e anche i caratteristici pinguini blu. L’incidente mette inoltre in serio pericolo gli equilibri ecosistemici di acque tanto meravigliose quanto preziose, in particolar modo preoccupano gli impatti del disastro sulla famosa barriera corallina Astrolabio. Gli esperti sono certi che la barriera subirà dei danni e che ci vorranno anni prima che torni a vivere. Dal WWF spiegano che i danni per la biodiversità sono incommensurabili e che tutto questo inquinamento si ripercuoterà inevitabilmente anche sull’uomo. Come ci spiega Isabella Pratesi che per il WWF Italia cura le politiche di conservazione internazionali, è stato messo a repentaglio
uno dei luoghi più importanti, il Miranda Wetlands, per la nidificazione e lo svernamento. Tra le specie più colpite le procellarie, gli uccelli delle tempeste, i cormorani, le berte, le sule, le beccacce di mare, e le sterne. In pericolo anche i cetacei e i delfini. Gli effetti a lungo termine pervadono gli ecosistemi, arrivando a intaccare la catena alimentare e la salute dell’uomo.